Violenza sessuale, inizia l’incubo mentre cerca il treno giusto
La vittima racconta oggi il suo incubo alla stampa (Corriere della Sera), nella speranza di scuotere coscienze e lanciare un urlo d’allarme sui pericoli cui si va in corso quando si viaggia da soli.
Il momento più scioccante della vita di Isabella (nome di fantasia), di origini toscane, inizia verso le ore 10.30 di mercoledì 5 di aprile. La ragazza si trova a Milano, nel sottopasso di Porta Garibaldi; deve raggiungere il suo fidanzato a Bergamo per recuperare una borsetta che ha dimenticato. Chiede aiuto ai passanti e un uomo sulla quarantina, di carnagione oscura, le indica il convoglio 24531 che collega Varese a Treviglio. Lei sale sul treno, un pò confusa; chiede ancora conferma ai passeggeri, mentre si accorge che l’uomo che le ha fornito le informazioni è salito sullo stesso convoglio. Tuttavia non da importanza a quella che considera una strana coincidenza.
I 10 minuti di violenza
Isabella percorre il treno per trovare un posto a sedere, quando si trova faccia a faccia con il 40enne, che le rivolge degli apprezzamenti. Nella carrozza c’è un altro passeggero che, intuito che qualcosa non va come dovrebbe, scappa. L’uomo, approfittando della situazione, spinge la ragazza contro il sedile e la immobilizza. Inizia a baciarla e a toccarla. Lei sviene per lo shock, ma si riprende e, urlando a squarciagola, lo colpisce al mento. Si libera e scappa di corsa in cerca del controllore. Sul treno ci sono agenti della Polfer, che chiudono immediatamente le porte per braccare l’aggressore, che è già scappato.
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Il ricovero in Pronto Soccorso
Gli agenti della Ferpol avviano le indagini e chiamano l’ambulanza, che accompagna la ragazza al pronto soccorso dell‘ospedale di Treviglio in codice giallo. Nel frattempo il treno viene fermato per quaranta lunghi minuti a Forlanini, dove il presunto stupratore si sarebbe dileguato.
Giunta in ospedale, i medici riscontrano che Isabella ha subito lesioni al collo e ai polsi e un disturbo da stress. La 21enne viene sottoposta a un tampone per rilevare il DNA dell’aggressore, ora ricercato con l’aiuto dell’identikit costruito grazie alle dichiarazioni della giovane, che ha fornito una descrizione precisa dell’uomo.
L’abbigliamento non è tutto
La ragazza ci tiene a sottolineare che la violenza subita non può essere stata provocata da abiti succinti o attillati e trucchi appariscenti. Dice: “Mi guardi, sono vestita di nero, indosso dei pantaloni larghi, un cappotto lungo e degli anfibi. Si dice che vengano violentate donne o ragazze che indossano minigonne o vestiti succinti. Si dice che capiti a loro, come se se la cercassero e avessero qualche responsabilità. Invece, no“. Come darle torto?
Violenza sulle donne
Non è la prima volta che da Ultimedalweb vi raccontiamo di episodi di violenza subita dalle donne, non solo in ambito familiare, ma anche in situazioni di leggerezza, nate per il divertimento e la convivialità. In molte occasioni (troppe) le persone che più dovrebbero proteggere le donne sono quelle che più le fanno soffrire; addirittura fino a sopprimerle. Il tema è, perché? Vi invitiamo a scriverci in redazione, a raccontarci le vostre esperienze e a fornirci i vostri pareri.
Noi vi riproponiamo alcuni dei casi che abbiamo trattato per non dimenticare che tutte potremmo essere vittime e che possiamo sempre fare qualcosa, anche piccola (ad esempio, denunciare), per evitare di trovarci un giorno davanti ad un nostro carnefice.
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