La cannabis e i suoi effetti, quasi il 25% degli adolescenti italiani ne ha fatto uso

By Ana Maria Perez

La cannabis, una sostanza innocua o pericolosa?

Si parla spesso della cannabis e dei suoi usi, non solo tra i giovani, e spesso i riferimenti sono negativi, perché la sostanza viene inserita tra le droghe che creano assuefazione. Ma è sempre così? Com’è noto, la sostanza è stata legalizzata parzialmente ed il suo uso per il consumo personale o ai fini terapeutici non è punibile. Ma in questo post vi parleremo, non solo di questa droga leggera, ma del numero di adolescenti italiani che la consumano (quasi un quarto) e degli effetti che provoca. Vi parleremo degli ultimi approfondimenti pubblicati sulla nota rivista Nature recentemente.

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La cannabis, un prodotto naturale

Questa droga leggera è un prodotto naturale, il cui ingrediente psicoattivo principale è il tetraidrocannabinolo. La pianta è ampiamente diffusa e cresce nelle zone temperate e tropicali. In Italia la marijuana legale è la varietà della Cannabis Sativa con concentrazioni di THC inferiori allo 0,2%, ovvero la cosiddetta versione light. Il commercio e la produzione di tale varietà sono stati legalizzati in Italia dalla legge del 2 dicembre 2016, n. 242. Di fatto, non provoca sballo.

Il rapporto ESPAD Italia e i dati sul consumo di cannabis negli adolescenti

Secondo il rapporto Espad Italia curato dal Cnr (Centro Nazionale delle ricerche), che monitora i consumi di sostanze in età scolare, infatti, nel 2021 (l’ultimo anno per cui sono disponibili i dati) circa 613mila adolescenti tra i 15 e i 19 anni (il 23,7% degli studenti) hanno riferito di aver utilizzato cannabis almeno una volta nella vita. Le percentuali sono diverse per maschi e femmine: I primi si attestano al 26,5%. Circa 458mila studenti avevano dichiarato di averne fatto uso nei 12 mesi precedenti l’indagine, mentre 264mila ragazzi (il 10,2%) l’avrebbero consumata nell’ultimo mese (il 2,5% l’avrebbe consumata anche più di 20 volte).

L’età influisce anche nella quantità di sostanza che si consuma, perché, mentre meno del 5% dei 15enni ne fa uso, nei 18enni la percentuale passa al 26,8%. Secondo quanto indica Espad, la maggior parte di chi ne fa uso (il 65%) ritiene sia poco o per nulla rischioso fumare occasionalmente e il 36% ritiene che non ci siano rischi neppure nel farlo regolarmente.

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Secondo i ricercatori, almeno 102 mila adolescenti usano la cannabis con effetti che richiedono un trattamento clinico. Sarebbero i casi di ragazzi che, in seguito al consumo e come conseguenza di esso, hanno sviluppato dipendenza, o che hanno sviluppato difficoltà cognitive o problemi relazionali.  

La legalizzazione non ha fatto aumentare il consumo della cannabis

Uno studio su Nature.com spiega che dieci anni dopo la prima legalizzazione della cannabis per l’uso occasionale negli adulti, gli scienziati faticano a fornire raccomandazioni basate sull’evidenza sui rischi per i giovani“.

I primi Paesi che hanno legalizzato la cannabis per uso ricreativo nel 2013 sono stati Uruguay (per adulti dai 18 anni in su) e dagli Stati Uniti, negli Stati del Colorado e Washington (dai 21 anni in su). Altri Paesi li hanno seguiti nel tempo.

Un dato sembra essere abbastanza certo: la legalizzazione della cannabis non ha fatto aumentare il consumo da parte degli adolescenti. Al contrario. “Paradossalmente, la legalizzazione della cannabis ha diminuito l’uso tra gli adolescenti” dice su Nature Angela Bryan, neuroscienziata dell’Università del Colorado, a Boulder. Neppure in Uruguay, il primo Paese ad autorizzarne l’uso ricreativo, c’è stato un aumento di consumo da parte degli adolescenti dopo che la cannabis è stata legalizzata.

Di fatto, il Dipartimento di sanità pubblica e ambiente del Colorado ha rilevato che il consumo di cannabis tra gli studenti di età compresa tra 14 e 18 anni è diminuito da un tasso stabile di circa il 21% nel periodo 2005-2019 al 13% nel 2021 (vedi go.nature.com/ 47yojx9 ). 

Il reale pericolo della cannabis si trova in quella potenziata

Nora Volkow
Nora Volkow

Alcuni ricercatori temono che la società stia inciampando, inconsapevole, in un grosso problema di salute pubblica. Nora Volkow , direttrice del National Institute on Drug Abuse di Bethesda, nel Maryland, ha dichiarato: “Sono preoccupata che questo ci colpirà come ci ha colpito il tabacco“. Anche se i rischi derivanti dal consumo di cannabis sono minimi, il disconoscimento degli effetti può essere limitante per porvi rimedio a lungo termine.

A destare preoccupazione è soprattutto la sempre maggiore diffusione sul mercato illegale della cannabis potenziata, cioè con concentrazioni molto più elevate di delta-9-tetraidrocannabinolo (Thc), la principale sostanza psicoattiva contenuta della cannabis. 

Gli effetti sulla salute

I preparati ad alta potenza comportano rischi molto più elevati di indurre psicosi e alcuni ricercatori temono che ciò possa avere effetti a lungo termine.

Uno studio condotto su oltre 40.000 persone affette da schizofrenia in Danimarca, dove la cannabis è legale dal 2018, ha rilevato che circa il 15% dei casi potrebbe essere legato a un disturbo da uso di cannabis, con una percentuale ancora più elevata tra i giovani.

In uno studio condotto su quasi 70.000 adolescenti negli Stati Uniti, gli scienziati hanno scoperto che circa 1 su 40 era dipendente dalla cannabis. Un altro 1 su 10 faceva uso di cannabis ma non era dipendente. Anche in questo gruppo, i giovani avevano il doppio delle probabilità di sperimentare attacchi di depressione insieme ad altri esiti negativi.

Negli adolescenti, una delle principali preoccupazioni è la capacità del Thc di legarsi facilmente a un recettore, chiamato Cb1. Questi recettori si trovano in tutto il cervello, ma sono particolarmente comuni nelle aree associate alla ricompensa e al funzionamento esecutivo, che comprende la memoria e il processo decisionale. Il Cb1 è più abbondante nel cervello degli adolescenti che in quello degli adulti. I ricercatori stanno cercando di capire come l’uso prolungato di cannabis, soprattutto di prodotti con alte concentrazioni di Thc, possa influire sulla salute mentale o sulle funzioni cognitive spiega Nature.com. Una risposta certa, al momento, non c’è.

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