Le ossa perché è bene prendersene cura e in che maniera
La struttura ossea del corpo umano è composta da circa 206 ossa che variano in forma e dimensione, divise in due categorie principali: ossa lunghe, come quelle delle braccia e delle gambe, e ossa piatte, come quelle del cranio e delle costole.
Ogni osso è costituito da un tessuto compatto esterno che fornisce forza e protezione e un tessuto spugnoso interno che contiene il midollo osseo, dove avviene la produzione di cellule del sangue. Le ossa sono interconnesse attraverso articolazioni, legamenti e tendini, formando un sistema complesso e dinamico. Tuttavia, questa struttura può essere soggetta a diverse patologie e problemi, tra cui l’osteoporosi, che riduce la densità ossea aumentando il rischio di fratture, e l’artrite, che causa infiammazione delle articolazioni. Altre condizioni comuni includono fratture, scoliosi e malattie congenite come l’osteogenesi imperfetta, che rende le ossa fragili e suscettibili a fratture.
Calcio, vitamina D e tanta prevenzione
Le ossa, quindi sono fondamentali per il sostegno del corpo e per il movimento, sono strutture dinamiche che ci accompagnano durante tutto l’arco della vita. Esse supportano il peso corporeo, permettono il movimento attraverso le articolazioni e proteggono gli organi vitali. Ogni giorno, le ossa sono soggette a numerose sollecitazioni e pressioni, che possono compromettere la loro integrità se non vengono adeguatamente curate.
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È quindi essenziale prendersi cura della loro salute, non solo mantenendole forti con una dieta ricca di calcio e vitamina D, ma anche sostenendo la muscolatura circostante per alleviare le sollecitazioni dirette sulle ossa. Inoltre, mantenere un peso corporeo sano è cruciale, poiché un eccesso di peso aumenta lo stress sulle ossa e sulle articolazioni. Prendersi cura delle ossa è un investimento fondamentale per garantire una vita attiva e priva di dolori, contribuendo così al benessere generale e alla qualità della vita.
Tra le ultime ricerche scientifiche dedicate alle ossa, la scoperta di un prezioso ormone
Recentemente, gli scienziati dell’Università della California a San Francisco e a Davis, guidati da Holly Ingraham, hanno scoperto un ormone chiamato Maternal Brain Hormone (MBH) o CCN3, che sembra mantenere le ossa forti e sane, proteggendo le donne in allattamento dal decadimento osseo. La scoperta, descritta sulla rivista Nature, è stata ottenuta utilizzando un modello murino per investigare perché le ossa delle donne che allattano rimangono resistenti nonostante la perdita fisiologica di calcio, necessario per la produzione di latte.
Il gruppo di ricerca ha osservato che, quando il gene produttore dell’ormone veniva silenziato, le femmine in allattamento perdevano robustezza ossea e i loro piccoli iniziavano a perdere peso. Questo ha portato alla denominazione del gene come Maternal Brain Hormone (MBH). Incrementando la produzione di CCN3, si è riscontrato un aumento significativo della massa e della forza ossea nei topi dopo poche settimane. Anche nei topi anziani, l’ormone ha mostrato capacità di ripristinare fratture e contribuire alla guarigione delle ossa.
Questa scoperta è particolarmente rilevante dato che oltre 200 milioni di persone nel mondo soffrono di osteoporosi, con le donne post-menopausa a maggior rischio a causa della diminuzione degli estrogeni. William Krause, coautore dello studio, spera di esplorare ulteriormente il ruolo del CCN3 in vari scenari di perdita ossea, con l’obiettivo a lungo termine di sviluppare trattamenti efficaci per queste condizioni.
Gli esiti della scoperta, cure nuove contro l’ostoporosi e non solo
Gli esiti di questa scoperta aprono nuove prospettive per il trattamento dell’osteoporosi e di altre condizioni che comportano la perdita ossea. L’identificazione del Maternal Brain Hormone (MBH) o CCN3 come fattore cruciale per il mantenimento della salute delle ossa durante l’allattamento offre speranze per lo sviluppo di nuove terapie mirate. Potenziare la produzione di CCN3 potrebbe infatti diventare una strategia innovativa per aumentare la massa e la forza ossea, riducendo il rischio di fratture.
Questo approccio potrebbe essere particolarmente utile per le donne post-menopausa, le sopravvissute al cancro al seno che assumono bloccanti ormonali, le atlete giovani e gli uomini anziani con fratture dell’anca. Inoltre, l’ormone ha dimostrato capacità di ripristinare le fratture e migliorare la guarigione delle ossa anche in soggetti anziani, suggerendo applicazioni potenziali in ambiti clinici più ampi.
La scoperta sottolinea l’importanza di considerare entrambi i sessi negli studi biomedici per ottenere una comprensione completa della biologia. I prossimi passi nella ricerca mirano a valutare il ruolo del CCN3 in vari scenari di perdita ossea, con l’obiettivo a lungo termine di sviluppare trattamenti efficaci e mirati per migliorare la qualità della vita di milioni di persone in tutto il mondo.