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Morta Michela Murgia, l’attivista che non ha sfidato la morte

michela murgia

Michela Murgia è stato uno dei personaggi più discussi nel mondo dell’attivismo e del femminismo, i suoi ultimi mesi, però, ci hanno dato una lezione più grande e che ha a che fare con la morte.

Chi era Michela Murgia

Nata 51 anni fa in Sardegna, Michela Murgia debuttò alla scrittura nel 2006 con il suo “Il mondo deve sapere“. Non era un libro, bensì un blog che trattava in maniera schietta del tema sulla precarietà lavorativa. Il suo modo di scrivere fluido e narrativo, carpì l’attenzione di milioni di lettori, attanagliati da un’epoca in cui il lavoro era un miraggio (non che sia cambiato qualcosa 17 anni dopo), e da Paolo Virzì che usò gli scritti come base per il film “Tutta la vita davanti“.

Da allora ha avuto uno spiccato ruolo attivo nel far conoscere il lato più selvaggio della sua Sardegna, senza dimenticare l’attivismo e la divulgazione di concetti complicati come la “famiglia queer“, una condizione di vita che l’ha spinta ad acquistare una grande casa negli ultimi mesi, in modo che amici e “figli d’anima” avessero un porto sicuro.

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Il cancro, la morte e un’importante lezione

Pochi mesi fa, Michela Murgia si è sposata in articulo mortis con Lorenzo Terenzi, controvoglia, “perché lo Stato chiede un ruolo“. La scrittrice stava già lottando contro un cancro al polmone diagnosticatole nel 2014, ma di aver saltato dei controlli a causa dell’epidemia Covid. Al tempo non ne aveva parlato perché “non volevo pietà“. Ora il cancro “è partito dal rene, ma a causa del covid avevo trascurato i controlli”. “Non si torna indietro, ma non ho paura della morte“.

Non ha mai fatto chemioterapia, ma solo “immunoterapia a base di biofarmaci” per rallentare la malattia. E a chi le ha chiesto se non fosse troppo presto morire a 50 anni, lei ha risposto: “No. Ho cinquant’anni, ma ho vissuto dieci vite. Ho fatto cose che la stragrande maggioranza delle persone non fa in una vita intera. Cose che non sapevo neppure di desiderare. Ho ricordi preziosi“.

Il suo nuovo libro, “Tre ciotole“, tratta proprio della diagnosi di una malattia incurabile, un testo sensibile, ma con lo spirito forte e combattivo della Murgia. “È il racconto di quello che mi sta succedendo. Diagnosi compresa“, ha raccontato.

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È il suo lascito, l’ultimo testo dato in eredità a una generazione di persone che hanno paura della morte e che hanno bisogno di compiere un viaggio attraverso la conoscenza e l’accettazione. È questa l’ultima grande lezione di Michela Murgia.

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