Accordo con l’Albania per smistare 39mila immigrati; e negli altri Paesi UE, cosa succede?

By Ana Maria Perez

Accordo con l’Albania per smistare 39 mila immigrati. L’UE chiede dettagli

La portavoce della Commissione Europea dice al briefing quotidiano che “siamo in contatto con le autorità italiane, abbiamo chiesto di ricevere dettagli sull’accordo per la migrazione con l’Albania (…) Prima di commentare oltre dobbiamo capire cosa s’intende fare esattamente. L’accordo operativo deve ancora essere tradotto in legge dall’Italia e ulteriormente implementato. È importante che qualsiasi accordo di questo tipo rispetti pienamente il diritto comunitario e internazionale“. Ecco che l’accordo tra Giorgia Meloni ed Edi Rama deve passare al vaglio dell’UE.

meloni con Edi Rama afp
Meloni con Edi Rama (afp)

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In breve, l’accordo per la gestione di 3000 immigrati al mese

Secondo la premier, è un’intesa “che rafforza il partenariato strategico tra Italia e Albania e si pone sostanzialmente tre obiettivi: contrastare il traffico di esseri umani, prevenire i flussi migratori irregolari e accogliere in Europa solo chi ha davvero diritto alla protezione internazionale“.

Ma in che cosa consiste l’accordo con l’Albania siglato ieri a Palazzo Chigi? Il protocollo d’intesa tra Italia e Albania non si applica agli immigrati che giungono sulle coste e sul territorio italiani ma a quelli salvati in mare, fatta eccezione per minori, donne in gravidanza e soggetti vulnerabili. Le strutture realizzate potranno accogliere complessivamente fino a 3mila immigrati, per una previsione di 39mila persone accolte in un anno. L’accordo si pone un obiettivo di dissuasione rispetto alle partenze e di deterrenza rispetto al traffico di esseri umani.

Negli altri Paesi: il caso della Grecia e della Spagna

Mentre l’Italia fa incetta di immigrati e cerca soluzioni per gestire l’afflusso di persone da Paesi in guerra, altri Paesi UE lottano contro la “piaga” dell’immigrazioni e delle morti in mare. Nello specifico, ci riferiamo alla Grecia e alla Spagna, Paesi che, per la loro posizione geografica si vedo assediate da barconi e zattere che portano anime in cerca di speranza. Per capire come sta andando, ci riferiremo al rapporto pubblicato la scorsa settimana da Medici Senza Frontiere (Msf) sulla drammatica situazione di Lesbo e Samos, le due isole della Grecia a ridosso delle coste turche.

Il caso di Lesbo e Samos (Grecia)

MSF racconta: “Negli ultimi due anni, Msf ha fornito assistenza medica d’emergenza a 7.904 persone poco dopo il loro arrivo sulle isole. Molte erano in uno stato di disagio emotivo, oltre che esausti, bagnati, assetati, affamati, esposti a condizioni climatiche avverse e coperti di graffi e lividi. Tra loro c’erano donne in fase avanzata di gravidanza, neonati, minori non accompagnati e anziani. Molti pazienti di Msf hanno descritto di essere stati intrappolati in un circuito di violenza, respingimenti e ripetute traversate in mare. Nel frattempo, circa 2.000 persone, arrivate sulle isole, non sono mai state localizzate dalle équipe di Msf nel luogo comunicato alla fine dell’intervento“.

I migranti soccorsi denunciano aggressioni fisiche, detenzioni informali, gruppi portati con la forza a riva prima di essere respinti in mare, nonché umilianti perquisizioni, percosse con bastoni, schiaffi, calci, pugni e ammanettamento di mani e caviglie. Dopo l’arrivo a terra, le persone riferiscono di essere costrette a nascondersi per paura di essere respinte. A volte rimangono nascosti per giorni, senza accesso a cibo o acqua, esposti alle intemperie e a terreni pericolosi.

Lesbos e Samos

El Hierro (Le Canarie), la “Lampedusa nell’Atlantico

Una situazione altrettanto drammatica si riscontra alle Canarie, in particolare sulla piccola isola di El Hierro. Un dettagliato reportage di Le Point racconta delle drammatiche traversate compiute da migliaia di migranti che si imbarcano sulla costa del Senegal. Il numero di arrivi ha raggiunto oltre 30.000 nel 2023. Almeno 10.000 solo nel mese di ottobre, secondo la Commissione spagnola per i rifugiati. Il 3 ottobre, una sola piroga trasportava 280 persone. El Hierro è diventata la seconda isola per numero di arrivi. I politici e i media spagnoli temono che stia nascendo “una Lampedusa nell’Atlantico“.

inmigrantes

Il faro delle piroghe, una speranza che non si spegne in mare

A La Restinga c’è solo una nave di soccorso e sedici agenti della Guardia Civil (carabinieri), mentre medici e infermieri vengono mobilitati non appena una piroga entra nel porto. I posti letto disponibili sono poche centinaia. La Restinga è un piccolo porto sulla punta più meridionale dell’isola vulcanica di El Hierro. È la prima trovata dalle imbarcazioni che lasciano la costa del Senegal, 1.500 chilometri più a sud. L’isola è diventata il faro delle piroghe, la speranza di una vita che merita detto nome. Per 400.000 franchi Cfa (circa 600 euro) i giovani delle periferie di Dakar e Saint-Louis sono disposti a rischiare la vita, pur di avere a portata di mano un “futuro”.

Secondo l’organizzazione Caminando Fronteras, negli ultimi cinque anni, hanno perso la vita più di 11.000 persone. Una media di sei morti al giorno. La costa marocchina, più vicina alle Canarie, è sorvegliata dall’aprile 2022 e da un accordo tra Madrid e Rabat, e i pattugliamenti in mare sono stati intensificati, anche se la fonte non si è ancora prosciugata. Tra gennaio e maggio, il Marocco avrebbe impedito il passaggio di 26.000 migranti verso la Spagna. Ogni mese vengono arrestati 300 senegalesi. I controlli sono stati intensificati anche lungo le coste della Mauritania e alla partenza dal Senegal. Questo è un altro motivo per cui i migranti affollano El Hierro, l’isola più lontana dalla terraferma.

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