Zuncheddu e la libertà dopo 33 anni
Cosa succede quando una persona giovane entra in carcere e dopo 33 anni si scopre che è stato tutto un errore giudiziario e che l’uomo non aveva alcuna colpa? Bisognerebbe chiederlo a Beniamino Zuncheddu, ex pastore sardo, condannato all’ergastolo per la strage del Sinnai, dell’8 gennaio 1991. Lui si è professato sempre innocente, nonostante la pesantissima condanna. Ieri, l’assoluzione, dopo che alcuni suoi sostenitori (al primo posto il Partito Radicale) si sono battuti perché verità fosse fatta. Ma come può essere che la Giustizia commetta errori così grossolani? In questo post vi parliamo della vicenda e del suo lieto (ahinoi) fine.
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I fatti accaduti nel 1991
Beniamino Zuncheddu è un ex allevatore sardo, condannato in maniera definitiva all’ergastolo per avere ucciso 3 persone e averne ferito una quarta. Il drammatico fatto di sangue risale all’8 gennaio del 1991. Nella zona montagnosa di Sinnai, centro in provincia di Cagliari, in un ovile furono uccisi a colpi di fucile Gesuino Fadda, 56 anni, il figlio Giuseppe, di 24 anni, e Ignazio Pusceddu, 55enne, che lavorava alle dipendenze dei due. Nell’agguato rimase gravemente ferito anche Luigi Pinna, all’epoca dei fatti 29enne genero di Fadda.
L’attività degli inquirenti puntò dal primo momento su dissidi tra gli allevatori della zona e in particolare tra la famiglia Fadda e quella degli Zuncheddu, che gestivano un altro ovile. La polizia imboccò questa pista alla luce di alcuni episodi che si erano verificati prima della strage e in particolare l’uccisione di alcuni capi di bestiame e cani nonché le liti da ciò scaturite tra gli allevatori.
Secondo l ipotesi investigative, l’autore della strage arrivò a bordo di uno scooter, con il volto travisato da una calza, e sparò prima a Gesuino Fassa, che si trovava nella strada di accesso all’ovile, per poi risalire in direzione del recinto di bestiame per fare fuoco in direzione del figlio Giuseppe. Pusceddu fu ucciso mentre si trovava all’interno di una baracca assieme a Pinna.
Beniamino Zuncheddu venne fermato dopo pochi giorni dalle forze dell’ordine ma le indagini arrivarono ad una svolta nel febbraio di quell’anno dopo che Pinna, supertestimone, indicò Zuncheddu, all’epoca dei fatti 27enne, come l’autore del raid di morte. In base alle affermazioni dell’uomo, l’indagato è stato condannato all’ergastolo.
La svolta, il supertestimone ritratta
Nel 2020 il suo difensore, Mauro Trogu, alla luce di nuove prove, ha chiesto ed ottenuto il processo di revisione a Roma. Nel corso del procedimento, Pinna, oggi 62enne, ha modificato la sua versione affermando che all’epoca dei fatti “prima di effettuare il riconoscimento dei sospettati, l’agente di polizia che conduceva le indagini mostrò la foto di Zuncheddu e mi disse che il colpevole della strage era lui“. Anche dopo questa testimonianza i giudici hanno concesso la libertà, con sospensione della pena, a Zuncheddu dando l’ok ad una istanza delle difesa.
La sua vicenda è considerata uno dei più gravi errori giudiziari nella storia della giustizia italiana
Un labirinto di bugie
Nel processo di revisione la Corte d’appello penale di Roma ha stabilito con la sentenza del 26 gennaio 2024 che l’ex pastore sardo non ha commesso la strage di Sinnai. Un labirinto di bugie, depistaggi, ritrattazioni e false testimonianze ha contaminato le prove e fuorviato gli iter processuali.
I giudici della Corte di Appello di Roma, dopo la sentenza con cui, nel processo di revisione del caso hanno assolto l’ex allevatore sardo, hanno disposto l’invio degli atti, relativi a tre false presunte testimonianze alla procura di Roma. Tra esse si trova quella dell’allora poliziotto che svolse le indagini.
Tuttavia, aldilà di quelle che saranno le ripercussioni penali fuori dalla principale inchiesta della strage di Sinnai, risulta ancora inspiegabile come un uomo completamente innocente sia riuscito a trascorrere 33 anni in carcere.
Una vita in carcere da delinquente senza diritti
Nel periodo di detenzione, poiché l’uomo non si è mai dichiarato colpevole di un reato che non aveva commesso, non ha potuto usufruire degli istituti premiali previsti dalla legge. Zuncheddu è passato di carcere in carcere: la casa circondariale di Badu ‘e Carros, a Nuoro, il vecchio istituto penitenziario di Cagliari e il nuovo, quello di Uta. Di cella in cella, anno dopo anno, pur essendo innocente. Fino al 25 novembre, quando i giudici gli hanno concesso la semilibertà in attesa della sentenza definitiva, arrivata il 26 gennaio.
“Ora mi curerò perché sto troppo male”
Le prime dichiarazioni dell’ex pastore quando è stato intervistato in seguito alla pronuncia della sentenza di assoluzione sono state: “Quando ero in carcere la fede teneva alta la mia speranza. Essere libero è una cosa inspiegabile (…) voglio curarmi, perché sto troppo male (…) Non provo rabbia perché sono vittime anche le persone che mi hanno accusato, non è colpa loro. Ma del poliziotto che fa parte della giustizia, dell’ingiustizia”.
E dopo 33 anni, a Beniamino, che all’epoca dei fatti non aveva ancora compiuto 27 anni, è stata tolta la possibilità di farsi una famiglia, di fare passeggiate in mezzo al bosco, di andare in spiaggia, di festeggiare il Natale, di mangiare liberamente secondo le sue voglie, come gli si può dire di avere fiducia nella Giustizia? Per non parlare di alcune domande che rimangono senza risposta: chi ha commesso la strage di Sinnai? E chi pagherà le spese per questo grossolano, anzi, imperdonabile, errore giudiziario? Le domande, ancora una volta, sono aperte.