Ponte Morandi, noto anche come Ponte Maledetto: a settembre riprende il maxi processo
Sei anni fa, alla vigilia di Ferragosto, il Ponte Morandi, già noto per la sua pericolosità e soprannominato “maledetto”, crollò su se stesso, segnando uno dei momenti più tragici della storia recente d’Italia. Questo tratto dell’autostrada A10, sottoposto a continui lavori di manutenzione, presentava cavi arrugginiti e gravi problemi strutturali. Il ponte, lungo 1.192 metri, con un’altezza al piano stradale di 45 metri e tre piloni di cemento armato alti 90 metri, non resse alla sua stessa fragilità.
Nelle ore successive al crollo, si registrò un bilancio provvisorio di 39 vittime e 16 feriti, di cui 12 in gravi condizioni. Circa 311 famiglie furono evacuate per il timore di nuovi crolli, e la tensione rimase alta mentre i soccorritori continuavano a scavare tra le macerie. La procura di Genova aprì un’inchiesta per disastro e omicidio colposo plurimo, mentre il governo, con i ministri Di Maio, Toninelli e Salvini, annunciava l’intenzione di revocare la concessione ad Autostrade, ritenuta responsabile della tragedia.
L’11 settembre riprenderà il maxiprocesso, con 58 imputati e oltre 170 udienze già svolte, durante le quali sono stati ascoltati 324 testimoni. Le trascrizioni delle udienze preliminari superano le sedicimila pagine. Oggi, una cerimonia ricorda le 43 vittime con una messa nella chiesa parrocchiale di San Bartolomeo della Certosa, dove 43 bambini onorano coloro che hanno perso la vita. Questa tragedia ha segnato un punto di non ritorno nella consapevolezza dell’urgenza di ristrutturare le infrastrutture in Italia.
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La storia del Ponte Morandi: partendo dalla sua costruzione
Ricostruiamo la storia del Ponte Morandi, ufficialmente noto come Viadotto Polcevera, un’infrastruttura che per decenni ha svolto un ruolo cruciale nella rete autostradale italiana. Attraversato ogni giorno da migliaia di veicoli per motivi di lavoro, turismo e necessità quotidiane, il ponte rappresentava un passaggio obbligato per chiunque si muovesse lungo l’Autostrada A10, collegando Genova con il resto del Paese e l’Europa.
Costruito tra il 1963 e il 1967 su progetto dell’ingegnere Riccardo Morandi, il ponte era un’opera di grande rilevanza ingegneristica per l’epoca, caratterizzata da un design innovativo e audace. Con i suoi 1.182 metri di lunghezza e un’altezza massima di 45 metri, il viadotto si ergeva come simbolo della modernità e del progresso, incarnando la fiducia nelle capacità tecniche italiane nel periodo del boom economico.
Tuttavia, nel corso degli anni, la struttura ha iniziato a mostrare segni di degrado e obsolescenza, evidenziando i limiti delle tecnologie costruttive dell’epoca e delle pratiche di manutenzione che non sempre hanno potuto affrontare adeguatamente le sfide del tempo. Il 14 agosto 2018, alle 11:36 del mattino, una sezione del ponte crollò improvvisamente, causando una delle tragedie più gravi nella storia recente italiana. Il disastro provocò la morte di 43 persone, ferendone altre decine, e segnò profondamente la città di Genova e l’intero Paese.
Il crollo del Ponte Morandi ha scosso l’Italia, sollevando domande urgenti sulla sicurezza delle infrastrutture e sull’efficacia delle ispezioni e delle manutenzioni. La tragedia ha portato a un acceso dibattito pubblico e a un’indagine approfondita, che ha messo in luce le carenze nella gestione e nella manutenzione delle opere pubbliche.
Oggi, il ricordo di quel tragico evento si intreccia con la nuova realtà del Ponte San Giorgio, inaugurato il 3 agosto 2020, in sostituzione del Morandi. Progettato dall’architetto Renzo Piano, il nuovo ponte rappresenta non solo una rinascita per la città di Genova, ma anche un simbolo di resilienza e speranza per un futuro in cui la sicurezza e la qualità delle infrastrutture siano garantite con maggiore attenzione e impegno.
Dal giorno della tragedia: 14 agosto 2018
Il 14 agosto 2018, alle 11:36, il crollo improvviso della pila 9 del Ponte Morandi causò la morte di 43 persone di diverse nazionalità e costrinse 566 residenti a evacuare le loro case. Tra le vittime, 29 erano italiane, mentre altre provenivano da Francia, Cile, Albania, e altri paesi. Il disastro provocò gravi disagi alla viabilità, con il traffico autostradale deviato per due anni. A febbraio 2019 iniziò la demolizione delle sezioni residue del ponte, culminata con l’abbattimento degli ultimi piloni il 28 giugno 2019.
Le perizie tecniche identificarono come causa del crollo l’inadeguatezza dei controlli e il degrado strutturale. Il 15 agosto, il Consiglio dei ministri dichiarò lo stato di emergenza e il 18 agosto fu proclamato un giorno di lutto nazionale, con i funerali di Stato per 19 delle vittime. Il crollo sollevò anche un dibattito sulla gestione delle concessioni autostradali, con il governo che considerò la revoca della concessione ad Autostrade per l’Italia. La pubblicazione degli allegati economici e finanziari delle concessioni evidenziò che la revoca avrebbe potuto comportare una penale di circa 20 miliardi, ma il crollo fu considerato un “grave inadempimento”, rendendo possibile la revoca senza forti risarcimenti.