L’identità multipla nella rete e il linguaggio comune, 5 curiosità

By Ana Maria Perez

L’identità multipla nella rete, in che cosa consiste?

Sempre di più si utilizza internet per comunicare. Si cercano notizie, si creano profili nelle reti sociali per fare parte delle comunità che ci interessano, e ci si esprime senza veli dietro alla tastiera che cela la nostra identità. E’ come se la rete consentisse al nostro “io” di realizzarsi pienamente, superando eventuali frustrazioni e limiti che, sia per cultura che per pudore, costringono la nostra identità. Ma sarà così? E’ la rete quella che ci invita a essere noi stessi o quella che ci dà la possibilità di nasconderci da noi stessi? Vediamo un po’.

La tentazione dell’identità multipla

La possibilità di non essere identificati “a prima vista” all’interno di un mondo infinito suscita spesso curiosità e stimola la tentazione di presentarsi agli altri come si vorrebbe essere, in una pluralità di soggetti che non corrispondono alla realtà. A volte si fa per gioco; altre, a scopi fraudolenti; il più delle volte, per provare un’identità nuova ed entrare in mondi finora proibiti. Ma una scelta così azzardata non è esente da rischi. Vediamone alcuni.

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Aspetti positivi e negativi dell’identità multipla

L’identità multipla in internet riguarda la costruzione e il riconoscimento della nostra individualità tramite i diversi dispositivi di comunicazione online. Il processo può avere aspetti positivi e negativi, in virtù della gestione che facciamo dei nostri profili:

Aspetti positivi

Tra gli aspetti positivi di creare diverse personalità distacchiamo:

  1. La possibilità di sperimentare e costruire una molteplicità di identità per fuggire dal proprio status della vita quotidiana e allo stesso tempo migliorare la propria riflessività e la autocomprensione;
  2. L’estensione della propria rete sociale e la libera espressione di se stessi, che rispondono al bisogno di appartenenza e a quello di autostima;
  3. La possibilità di usare internet e i social network come dei veri e propri laboratori di identità, in cui si possono creare e provare nuove e diverse personalità.

Aspetti negativi

Tra gli aspetti negativi di creare diverse identità si trovano i seguenti:

  1. Il rischio di una progressiva erosione comunicativa nei rapporti sociali, dovuta alla riduzione dei segnali sociali e alla mancanza di feedback immediato;
  2. Il pericolo di una perdita del senso di realtà, causata dalla confusione tra il mondo virtuale e il mondo reale;
  3. Il problema della protezione della privacy, legato alla possibilità di essere spiati, tracciati o manipolati da altri utenti o da entità esterne.

I rischi di avere un’identità multipla

I rischi dell’identità multipla sono legati principalmente alla difficoltà di mantenere una coerenza e una continuità tra le diverse identità che si assumono in internet e nella vita reale. Ad esempio, potremmo parlare di:

  1. Dissonanza cognitiva, ovvero lo stato di tensione che si crea quando si ha a che fare con informazioni o comportamenti contrastanti tra loro. Questo può portare a confusione, stress, ansia o depressione;
  2. Dipendenza da internet, ovvero la perdita di controllo sull’uso della rete, che diventa una fonte di gratificazione e di fuga dalla realtà. Questo può portare a isolamento sociale, problemi di salute, difficoltà scolastiche o lavorative. Come abbiamo indicato in altre occasioni, le dipendenze sono tutte da evitare.
  3. Falsificazione dell’identità, ovvero l’atto di assumere una identità diversa da quella reale per ingannare o manipolare gli altri utenti. Questo può portare a conseguenze legali, morali o relazionali.

Per evitare tali rischi, è importante avere una buona consapevolezza di sé e delle proprie motivazioni, nonché una buona capacità di gestire il tempo e le risorse online. Inoltre, è utile mantenere un equilibrio tra la vita virtuale e la vita reale, cercando di integrare le diverse identità in un unico sé coerente e autentico.

5 curiosità sulla navigazione senza identità cercando di “accomunarsi”

Una pluralità di soggetti identificati con un linguaggio “di massa”

Il New Yorker parlava qualche giorno fa del rischio di fare diventare “-ification” (tipicizzare) qualunque cosa. Cioè, si parla di kardashification (i fan di Kim Kardashian che cercano di assomigliarle), hitlerification, wokeification e così via. Per il fatto che gli utenti seguono i miti, fa diventare la ricerca una tendenza. Ed è grave. Perché ok se uno vuole assomigliare Kim Kardashian, ma se lo fa dietro un finto profilo, che senso ha?

Il “-core” e la smania di accomunarsi

In un articolo intitolato “Un blob della generazione Z“, sulla rivista online Doppiozero, Simone Zanello ha descritto il fenomeno della disseminazione del suffisso inglese “-core”: Hardcore, Metalcore, Nightcore, Speedcore, Traumacore, Weirdcore, Mumblecore, Gorpcore, Bimbocore, Fairycore, Goblincore, Dreamcore, Emptycore. Ecco che a partire dal suffisso, ci ritroviamo il Cottagecore (estetica propria di tutti quegli elementi che hanno come nucleo centrale il Cottage Inglese); il Traumacore (l’estetica del trauma psichico), l’Emptycore (l’estetica degli spazi vuoti e desolati) e così via. tutti identificati sotto un suffisso. La domanda è: serve? a voi la risposta.

La navigazione senza identità da rete VPN

Le reti VPN (Virtual Private Network) creano un tunnel cifrato tra il nostro dispositivo e un server remoto, che maschera il nostro IP e ci fa apparire come se fossimo connessi da un’altra parte del mondo. Questo ci consente di proteggere la nostra privacy e i nostri dati personali da possibili violazioni o furti.

Le reti Tor (The Onion Router) rendono difficile risalire all’IP

Le reti Tor (The Onion Router) fanno passare la nostra connessione attraverso una serie di nodi intermedi, che rendono molto difficile risalire al nostro IP e alle nostre attività online. Questo ci consente di evitare la censura o le restrizioni imposte da alcuni governi o enti su alcuni siti o contenuti e di accedere spesso a servizi o risorse che non sono disponibili nel proprio paese o nella propria area geografica.

I primi browser che hanno consentito la navigazione senza identità

Il primo browser ad offrire la modalità incognito è stato Safari nel 2005, seguito da Chrome nel 2008, Firefox nel 2009 e Edge nel 2015.

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