Dove si trovavano i 789 file su Messina Denaro?
La notizia fa riflettere. Ancora una volta la Polizia è riuscita a sgammare i colpevoli del reato; scusate, i “presunti” colpevoli. Solo che in questa occasione i colpevoli (sempre presunti) sono due persone che rappresentano il popolo e la giustizia, e questo è di per sé un fallimento. Se inoltre ci aggiungiamo l’ex paparazzo Fabrizio Corona, il pasticcio è garantito. Attenzione! Non additiamo Fabrizio assolutamente; è solo che spesso si trova coinvolto in situazioni a dire poco “limite” e per questo fa sempre (tanta) notizia. Ma facciamo un po’ di ordine e vediamo che cosa è successo questa volta.
Fabrizio Corona
I file trafugati dal server dell’Arma
Quando Mattia Messina Denaro è stato arrestato, i Carabinieri del Ros hanno inviato richieste di auto militari di supporto per svolgere le perquisizioni degli obiettivi che avevano individuato. Le richieste sono state inviate poche ore dopo la cattura del super latitante al Comando Superiore di Mazara del Vallo e poi girate agli operatori. Si chiama “intervento estrai”.
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Matteo Messina Denaro
Per un cavillo di non molto conto, una delle richieste d’intervento non è girata correttamente, ed è questo alla base della notizia. Si trattava della perquisizione del Covo del mafioso in presenza di Andrea Bonafede (il vero). Uno degli operatori dell’Arma che ha ricevuto le istruzioni quel giorno ha notato questa incongruenza e ha estrapolato i file dal server per venderli alla stampa scandalistica, sostenendo che la perquisizione a casa di Messina Denaro era stata fatta in ritardo e che nel frattempo il covo era stato svuotato.
Nessun ritardo e nessun covo vuoto. In quella casa il R.O.S. è arrivato tempestivamente e ha trovato 1000 pizzini nascosti (neanche tanto), che hanno aiutato a ricostruire parzialmente la rete di supporto dell’ergastolano, portando all’arresto della sorella e di altri favoreggiatori.
Per approfondire:
Matteo Messina Denaro, le debolezze e le 5 confessioni del boss 61enne
Due arresti: un politico e un carabiniere
Per questa faccenda oggi sono stati arrestati un politico e un carabiniere, indagati a vario titolo per accesso abusivo al sistema informativo, violazione del segreto d’ufficio e ricettazione. Il militare, Luigi Pirollo, è accusato di accesso abusivo al sistema informatico e violazione del segreto d’ufficio; il complice, Giorgio Randazzo, di ricettazione. Avrebbero tentato di vendere all’ex paparazzo Fabrizio Corona 786 documenti sul boss della mafia.
Secondo quanto scrive il gip nella sua richiesta di applicazione delle misure cautelari, la procura avrebbe accertato che il carabiniere, in servizio al N.O.R. della Compagnia di Mazara del Vallo, si è introdotto illegalmente nel sistema informativo dell’Arma, ha estratto copia di 786 file riservati relativi alle indagini sulla cattura del padrino e li ha consegnati a Randazzo. Il politico avrebbe contattato Corona per cercare di vendergli i documenti. Fabrizio gli avrebbe suggerito di rivolgersi a Moreno Pisto, direttore del quotidiano online Mow. Solo che non è andata come Randazzo avrebbe voluto.
Fabrizio Corona indagato per ricettazione
Il paparazzo ora è indagato per ricettazione. Scrive il gip Alfredo Montalto, che ha disposto la richiesta di misura cautelare, su richiesta del procuratore Maurizio de Lucia e dell’aggiunto Paolo Guido: Corona “Voleva alimentare teorie complottistiche”. Ancora una volta, sulla base di documenti ottenuti illegalmente. Che lui lo sapesse o meno è tutto da verificare. Sta di fatto che questo “super scoop”” non si è verificato e che, oltretutto, si trattava proprio di una bufala.
Di fatto, a condurre gli investigatori sulla pista giusta sarebbero state le intercettazioni del fotografo.
Come appurato da Massimo Giletti, dopo la cattura dell’ex latitante, Corona venne in possesso di una serie di audio di chat tra il boss e alcune pazienti da lui conosciute in clinica durante la chemioterapia. Nel tentativo di capire di più, il gip ha autorizzato le intercettazioni telefoniche, che hanno rilevato (il 2 maggio) lo “scoop pazzesco” riconducibile al consigliere comunale (Randazzo) e al carabiniere (Pirollo).
La denuncia alla polizia e l’investigazione
Il direttore di Mow incontrò Corona e Randazzo il 25 maggio e riuscì a copiare i file oggi sotto accusa. Dopo, resosi conto della delicatezza dei contenuti, decise di fare denuncia alla polizia e si recò alla Mobile di Palermo per raccontare i fatti. Le indagini hanno poi accertato che l’autore del furto è stato Pirollo, che di fatto aveva rapporti con Randazzo. In questa maniera si è chiuso il cerchio, che ha portato agli arresti odierni.