Il cervello e l’importanza di studi, ricerche e scoperte
Le neuroscienze impiegano molto tempo e molte ricerche a studiare abitudini elementari del nostro cervello che spesso noi diamo per scontato nella nostra quotidianitร . Ad esempio, il pensare o il sognare ad occhi aperti, la velocitร di riconoscimento del cibo, il non riuscire a svegliarsi subito e scegliere di dormire magari posticipando la sveglia.
Questi tre ambiti giร ai neuroscienziati danno molte risposte sulle funzioni del nostro cervello e della nostra mente utili al benessere, alla salute. Danno risposte importanti sulla qualitร e velocitร delle funzioni celebrali, quelle da ripristinare o curare quando insorgono malattie importanti come la demenza senile o l’Alzheimer, patologia invalidante che ogni anno porta medici e neuroscienziati ad incontrarsi per fare il punto della situazione su terapie e nuove scoperte.
Con il nostro articolo, raccogliamo alcune informazioni importanti ottenute da studi su abitudini quotidiane e nuovi ambiti sociali e professionali, ad esempio la differenza tra il lavorare in smartworking o in ufficio che ha stravolto molte abitudini e anche attitudini mentali.
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Sognare ad occhi aperti รจ l’equivalente del ragionare
La mente ha la necessitร di ricordare, ragionare su esperienze passate per trasformarle in risorse utili per il futuro. Tutto ciรฒ lo fa anche attingendo dalla fantasia e dall’immaginazione, specie quando si sogna nel sonno ma anche con il sogno ad occhi aperti. Insomma, quando si sta per qualche minuto tra le nuvole non stiamo perdendo tempo ma stiamo consolidando memorie acquisite ed esperienze apprese.
Lo dicono i neuroscienziati di Harvard che hanno dedicato uno studio su questa attivitร e ne hanno pubblicato un articolo su Nature. Le sperimentazioni sono state fatte sia sugli animali che sugli uomini, dimostrando che nell’attivitร di riflessione, pause mentali e sogni lucidi il cervello acquisisce capacitร riparative o rigeneranti e non solo, rafforza le capacitร di resistenza psichica e di attivazione soprattutto per i momenti di difficoltร ed emergenza. E’ come se nel sogno o nella riflessione ci allenassimo. Articolo pubblicato su Nature.
Quanto ci mette il nostro cervello a riconoscere un alimento rispetto ad un altro?
Quanto impiega il nostro cervello a riconoscere il cibo e quali funzioni attiva per essere il piรน rapido possibile?
Una risposta del genere puรฒ sembrare scontata ma se vivessimo allo stato brado, messi in pericolo da altri animali o intemperie ambientali la necessitร di essere super rapidissimi e bravi a riconoscere un alimento rispetto ad un altro, e soprattutto se รจ velenoso, nocivo e salutare soltanto utilizzando occhi e naso si comprenderebbe benissimo.
Per i ricercatori dell’Universitร di Sydney perรฒ questa ricerca serve per comprendere la velocitร di pensiero utilizzando diversi stimoli: gusto, tatto e vista. Una capacitร che puรฒ essere compromessa da patologie ma anche da incidenti improvvisi, non sempre perรฒ la capacitร di riconoscimento del cibo viene compromessa perchรฉ spesso, spiegano gli scienziati, รจ l’ultima risorsa che rimane per sopravvivere.
Gli scienziati hanno calcolato 108 millisecondi di tempo nel riuscire a riconoscere e definire un alimento rispetto ad un altro, si utilizzano tre organi diversi: occhi, naso e gusto, talvolta anche l’orecchio utile ad approfondire la consistenza del cibo insieme al tatto e al gusto.
Un ricercatore, Tom Carlson, spiega cosรฌ queste scoperte: “per i nostri antenati, la visione era il senso principale utilizzato nella raccolta di cibo, visto che gli altri sensi, come lโolfatto, hanno un raggio limitato per gli esseri umani“. Le ricerche si sono concentrate sull’attivitร elettrica del cervello nel riconoscere alimenti naturali e processati, 40 e i 60 millisecondi servono solamente per far arrivare le informazioni visive raccolte dalla retina fino al cervello, il riconoscimenti risulta in effetti praticamente istantaneo.
Dormire a lungo e non sopportare la sveglia mattutina รจ un’autodifesa del cervello
Posporre la sveglia di cinque minuti fino a quindici la mattina, quando dovremmo alzarci molto presto, gli inglesi lo chiamano snooze.
Cosรฌ come, gli inglesi, hanno dato un nome specifico anche alla siesta pomeridiana oppure di riposo dopo un’attivitร faticosa o anche una sessione di studio o attivitร mentale intensa o difficile. Si tratta di sistemi di resistenza del nostro cervello e anche di capacitร di recupero importanti per la nostra mente e il nostro fisico. Lo scrivono gli studiosi dell’Universitร di Notre Dame che hanno dedicato le loro ricerche sul sonnellino, lo snooze.
Indagando su oltre 1.700 partecipanti, il 60% dei quali praticava il sonnellino, la ricerca suggerisce che un sonnellino di circa 30 minuti puรฒ migliorare le capacitร cognitive e facilitare un risveglio meno traumatico. Anche se non influisce sullo stress, sull’umore o sull’architettura del sonno, potrebbe aiutare coloro che lottano con la sonnolenza mattutina.
Covid e smartworking: quanti cambiamenti difficili ha dovuto sopportare il cervello in questi anni?
I neuroscienziati si sono concentrati anche sui cambiamenti causati dal Covid e dalla pandemia. Iniziamo dalle conseguenze della patologia provocato dal contagio con il nuovo coronavirus.
Un gruppo di ricerca ha utilizzato la risonanza magnetica di diffusione per esaminare il cervello di 16 pazienti con sintomi di post covid, gli scienziati hanno rilevato una differenza importante nella struttura della materia bianca rispetto a persone sane. Il Covid ha provocato un cambiamento strutturale nei cervelli delle persone che hanno vissuto la malattia. Questi risultati, pubblicati su Brain Communications, offrono nuove prospettive sui problemi neurologici legati al virus.
La tecnologia di imaging รจ sensibile ai cambiamenti nella disposizione degli assoni delle cellule nervose, contribuendo a comprendere l’impatto del COVID-19 sul cervello. Il team di ricerca delinea la necessitร di ulteriori indagini per valutare i cambiamenti nel tempo e il collegamento tra alterazioni nella materia bianca e l’attivitร cerebrale nei pazienti affetti da affaticamento post-COVID.
Lo smartworking: fa bene lavorare da casa oppure no? Ecco cosa ne pensano psicologi e neuroscenziati.
Con la pandemia, lo smartworking รจ diventata realtร oggettiva, ma il lavoro da casa esisteva anche prima e i suoi effetti su persone e aziende venivano giร studiati. Neuroscienziati e psicologi hanno fornito giร prime informazioni importanti. L’ambiente influisce profondamente sulla salute psicofisica, soprattutto nel contesto lavorativo da remoto.
Lo smart working, sebbene flessibile, puรฒ generare stress abitativo, sovraccarico cognitivo e isolamento. La mancanza di interazione fisica impedisce l’attivazione dei neuroni specchio, provocando stanchezza da videoconferenza. Il cervello si adatta alla routine, ma questo puรฒ complicare il ritorno in ufficio. Illuminazione, postura e personalizzazione degli spazi sono essenziali per ridurre lo stress.
Pause attive, tecniche di mindfulness e connessione con la natura durante il lavoro da casa migliorano la salute mentale. Forme, colori e materiali influenzano il benessere psicobiologico: linee rette generano stress, mentre forme naturali favoriscono il recupero dallo stress. Lavorare in natura puรฒ attivare il sistema nervoso e migliorare l’umore, in fondo la possibilitร di poter scegliere tutti i giorni dove svolgere la propria attivitร professionale รจ una delle grandi potenzialitร dello smartworking reso difficile perรฒ dalla praticitร soprattutto per lavoratori e lavoratrici con carichi di famiglia importanti, ad esempio cura di bambini piccoli o anziani.