Guerra al narcotraffico: perché l’Ecuador è nel caso e perché inizia dal carcere di massima sicurezza di Guayaquil

By Iole Di Cristofalo

Narcotraffico Ecuador caos
Narcotraffico, la fuga di tre criminali e il rischio di una nuova guerra spietata tra bande (foto di pixabay)

Ecuador nel caos: i fatti dopo la fuga del boss

In Ecuador, dalle prigioni di massima sicurezza del carcere di Guayaquil, è fuggito il boss numero uno del narcotraffico Adolfo Marcias. Il presidente della Repubblica, Daniel Noboa, ha subito dichiarato lo stato di emergenza per 60 giorni e lo stato di conflitto armato interno. Ha disposto l’evacuazione immediata del Parlamento e di tutti gli uffici pubblici della capitale.

Prima crisi per il presidente Daniel Noboa ma non per Rafael Correa, l’ex.

L’Ecuador nei decenni passati ha vissuto altri momenti di crisi politica e, Rafael Correa, l’ex presidente che ha appoggia le azioni immediate del governo Noboa, lo sa benissimo.

Nel 2010, quando lui era ancora al governo, scoppiò una crisi politica con la rivolta della polizia contro la legge sui salari, 30 settembre 2010. Fu pianificato un colpo di stato contro Correa, la protesta rientrò ma provocò, oltre all’arresto dei partecipanti, anche otto morti e 274 feriti.

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Stato di guerra contro il narcotraffico: perché può sfociare in un’esclation in America Latina?

La guerra al narcotraffico in America Latina va intesa come un vero conflitto che cade facilmente in escalation. La fuga di un boss a capo di una banda di ottomila uomini, più un altro potente leader, Fabricio Colon Pico, detto Il Selvaggio, mobilità le altre bande internazionali, la criminalità organizzata.

Porta le polizie locali e anche gli eserciti ad alzare la guardia, le bande criminali possono prendere d’assalto le città, i luoghi pubblici, gli ospedali e dove c’è destabilizzazione politica si possono unire a bande paramilitari che nascono per motivazioni politiche o per destabilizzare il governo. Questa è una delle conseguenze del traffico di droga internazionale, queste sono le guerre alla droga nel contesto sudamericano.

Rapine, saccheggi e sparatorie in Ecuador: le prime conseguenze gravi della fuga di un boss del narcotraffico

Rapine, saccheggi, sparatorie e ospedali attaccati sono le prime conseguenze dell’evasione di Adolfo Macias e altri importanti criminali legati al narcotraffico. Il primo posto dove sono avvenute le violenze e i saccheggi è Guayaquill, luogo della fuga, e poi nelle zone circostanti. Forze armate e di polizia del paese sono impegnate nella lotta contro le bande armate, l’Assemblea nazionale del Paese ha espresso il sostegno ai soldati e ai poliziotti impegnati.

Il caos arriva anche nella capitale. A nord, da un veicolo uomini armati sparano al di fuori della macchina: cinque persone morte, uno studente ferito. Altre persone vengono uccise in un magazzino di pezzi di ricambio preso d’assalto da un altro gruppo armato. Il bilancio dei morti sale a dieci, uccise tra questi due agenti di polizia.

Un gruppo armato si fa vedere in tv

La prigione di alta sicurezza di Guayaquil è luogo di violenza e proteste all’interno delle carceri. Scioperi della fame, tentativi di protesta ed evasione dalle guardie carcerarie sono continue, le violenze riescono ad uscire dalle mura di sicurezza anche per passaparola e le bande criminali o terroristiche nazionali e internazionali osservano e si muovono.

Proprio a Guayaquil, un gruppo armato si mostra in pubblico, occupa gli studi di Tc Television. I giornalisti e i tecnici vengono minacciati per quindici minuti, sono resi ostaggi e verranno liberati dalla polizia. Questo e altri fatti sono accaduti e ci sono anche sit in a favore dei boss fuggiti e proteste carcerarie. L’ordinanza presidenziale elenca ben 22 gruppi di crimine organizzato, alcuni nomi sono: Aguilas, AguilarKiller, AK47, Dark Knights, ChoneKiller, Choneros, Corvicheros, Cuartel de las Feas, Cubanos, Fatales, Gánster, Kater Piler, Lagartos, Latin Kings, Lobos, Los p .27, Los Tiburones, Mafia 18, Mafia Trébol, Patrones, R7 e Tiguerones

Ecuador: tensioni che preoccupano Stati Uniti, Francia e anche Italia.

Brian Nichols, massimo diplomatico statunitense per l’America Latina, ha scritto su X di essere in stretto contatto con la squadra del presidente Daniel Noboa. Il dipartimento di Stato Americano si è dichiarato estremamente preoccupato, per le violenze, per lo stato di guerra, per gli schieramenti militari nelle squadre, per le violenze e i rapimenti.

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Tra i paesi europei, l’avviso della Francia ai connazionali che intendono recarsi in Ecuador: “rinviate i vostri viaggi” si legge sul sito del ministero degli esteri francese. Il Ministro Tajani invece pubblica subito il numero dell’unità di crisi: numero +39 06 36225 e visitare il sito Viaggiare Sicuri.

Il premier spagnolo, Pedro Sanchez spera che la normalità venga ripristinata al più presto, “seguiamo con logica preoccupazione gli avvenimenti degli ultimi giorni in Ecuador e ne sosteniamo, come non si potrebbe altrimenti, l’istituzionalità democratica”. L’ambasciata spagnola presente a Quito ha invitato i suoi concittadini all’estrema prudenza.

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