La riforma fiscale, solo 3 aliquote
Il governo ha messo le mani sulle tasse. Questa volta, ci dice, non per aumentarle, ma per ridurre il numero di aliquote. La riforma fiscale sta per arrivare in Consiglio dei Ministri. Gli anticipi sono dal titolare del dicastero dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Il Ministro ha affermato che l’esecutivo vuole arrivare a “una riduzione del carico fiscale“, anche se il processo sarà “graduale“. Al vaglio del comitato Tecnico si trova lo studio di fattibilità di un’aliquota in meno.
La fusione delle due aliquote intermedie
Il governo Draghi ha ridotto il numero delle aliquote Irpef da 5 a 4. Al momento si tratta del seguente carico fiscale: 23% fino a 15mila euro; 25% tra i 15mila e i 28mila euro; 35% tra i 28mila e i 50mila euro; 43% sopra ai 50mila euro. Anche se Giorgetti non si è pronunciato sulla percentuale “tagliata”, le indiscrezioni parlano di unire le due aliquote centrali. il 25% e il 35% confluirebbero in un 27%-33% unico. I vantaggi sarebbero per chi si trova in una fascia di reddito media e media alta. Per fare un esempio, chi ha un reddito di €50.000 risparmierebbe €700 all’anno; parimenti, il guadagno per un contribuente che dichiara €60.000 sarebbe di €1.140 all’anno.
L’approvazione della riforma
Per l‘approvazione della riforma da parte del Parlamento bisognerà attendere tra la fine di marzo e i primi di aprile, anche se la bozza dovrebbe arrivare in CdM già a metà marzo. Al vaglio del dicastero ancora i tagli delle agevolazioni fiscali, che ammontano a 600. Secondo Maurizio Lei, viceministro dell’Economia, le detrazioni e deduzioni “costano” allo Stato 156 miliardi di euro. La misura si rende necessaria per giustificare i mancati introiti che arriverebbero dall’Irpef in caso di riduzione delle aliquote.
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Gli introiti dello Stato derivanti dall’Irpef
Stanti i dati diffusi dal Mef oggi, martedì 7 marzo del 2023, l’Irpef avrebbe portato alle casse dello Stato nel 2022 la bellezza di 205,8 miliardi di euro. €85,6 milioni sono stati pagati dai dipendenti del settore privato, mentre i funzionari pubblici hanno versato all’erario circa €81 milioni. Ricordiamo che gli ultimi sono una “partita di giro”, giacché rimangono nelle casse dello Stato.