Elena Dal Pozzo, la mamma al telefono per due ore dopo l’omicidio

By Redazione

Martina Patti ha cercato aiuto per due ore dopo il delitto. Questi sono gli inquietanti dettagli emersi dalle indagini.

Dopo l’omicidio, e prima dell’arrivo dei carabinieri, Martina ha effettuato decine e decine di chiamate. I magistrati ora stanno cercando di capire se qualcuno non possa averla aiutata.

Le telefonate e il sospetto dell’apporto di terzi

I magistrati ipotizzano ora che qualcuno possa averla aiutata ad occultare il corpo della piccola, abbandonato in un campo dentro dei sacchi della spazzatura.

Iscriviti gratuitamente sul canale Telegram, cliccando qui

oppure su Whatsapp, cliccando qui per non perdere tutte le novità

Adesso si cerca in primis tra le persone che Martina Patti ha chiamato dopo l’omicidio.

Contestualmente alle chiamate, si analizzano anche i dati dei filmati delle telecamere di sorveglianza. Tramite la telecamera di videosorveglianza puntata sulla casa della donna ora si cercherà di capire se qualcuno sia entrata nella villetta di via Euclide ad aiutare Martina. Si attendono inoltre i risultati di alcuni rilievi effettuati per capire se la donna abbia ucciso la piccola in casa o nel campo, come invece ha raccontato Martina Patti.

Nessuna traccia di sangue sui pavimenti, e nemmeno sui vestiti della donna, che però avrebbe potuto pulire tutto subito dopo l’omicidio.

L’interrogatorio di convalida

Nella giornata di venerdì 17 giugno 2022 si è svolto l’interrogatorio di Martina.

Nel decreto di fermo, gli inquirenti hanno sottolineato come la donna avesse un atteggiamento distaccato nei confronti della piccola, e anche nelle ore in cui fingeva la scomparsa della figlia non sembrava particolarmente provata.

Anche il padre ieri, in una lunga lettera, ha confermato che la donna non nutriva sentimenti d’affetto nei confronti della piccola e che la odiava per il fatto di non essere mai riuscita a metterla contro di lui, nonostante la donna gli parlasse male dell’ex costantemente.

La madre forse affetta dalla “sindrome di Medea”

Secondo il crimonologo catanese Carmelo Lavorino, in una intervista ad Adnkronos parla di “follia fredda”.

La donna, pare, è affetta da una grave forma di depressione e, spiega l’esperto: “Ha agito in modo crudele per vendicarsi del marito, possiamo anche parlare di una ‘sindrome di Medea’, una persona che uccide la prole per vendetta verso il marito“.

Lascia un commento