Dominique Pelicot, noto come il “mostro di Mazan”, è un criminale sessuale accusato di aver orchestrato la violenza di gruppo sulla moglie, che sarebbe stata costretta a subire abusi da oltre cinquanta uomini. Attualmente, il processo vede ben 51 imputati davanti al tribunale penale di Vaucluse, rivelando un inquietante panorama in cui le violenze perpetrate da un singolo individuo si intrecciano con reti di complicità e una diffusa cultura dello stupro.
Le indagini hanno inoltre messo in luce il passato criminale di Dominique Pelicot, che include altri atti di violenza sessuale, come la registrazione clandestina di donne con una telecamera da sotto una finestra. Un’analisi approfondita rivela che, nonostante i suoi crimini, Dominique Pelicot ha potuto continuare a delinquere a causa di intoppi legislativi e giudiziari, sollevando interrogativi sul funzionamento del sistema di giustizia.
Dominique Pelicot, le ombre sui casi irrisolti e i difetti del sistema giudiziario
Dominique Pelicot poteva essere fermato già nel 2010, ma il sistema giudiziario francese è stato gravemente compromesso da intoppi che hanno consentito la sua carriera di predatore sessuale. Il 30 luglio 2010, Pelicot fu arrestato in un centro commerciale a Collégien, Seine-et-Marne, mentre riprendeva con una micro macchina fotografica, nascosta in una penna, sotto le gonne delle donne. Accusato di “cattura di immagini immodeste”, il procedimento si concluse con una semplice multa di 100 euro. Il suo comportamento pericoloso rimase ignoto alla moglie, Gisèle Pelicot, che dichiarò in aula: “Se ne fossi stata consapevole, forse avrei guadagnato dieci anni della mia vita”.
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Il sistema giudiziario e la polizia non informarono Gisèle dell’arresto, privandola della possibilità di agire. Inoltre, il DNA di Pelicot, registrato nel database nazionale Fnaeg, corrispondeva a un campione prelevato nel 1999 da una vittima di aggressione, Estella, ma le indagini non furono riaperte. Oggi, Pelicot è sotto accusa per tentato stupro e omicidio, mentre le autorità stanno esaminando cinque casi irrisolti di violenza sessuale, tutti con modalità operative simili. Tra questi, ci sono due stupri del 1994 e un omicidio del 2000, dimostrando una pericolosa continuità nel suo modus operandi.
Jean-Pierre Marechal e la rete di complici: l’incontro con Pelicot tramite siti e chat private
La vicenda di Dominique Pelicot ha rivelato una drammatica realtà di violenza sessuale sistematica che coinvolge non solo le vittime dirette, ma anche le loro famiglie. Jean-Pierre Maréchal, un camionista in pensione di 63 anni, è emerso come uno dei principali imputati, avendo ammesso di aver collaborato con Pelicot per violare sua moglie, Celia. Il loro incontro su un sito web chiuso ha segnato l’inizio di un incubo, dove Maréchal è stato influenzato da Pelicot, che ha risvegliato in lui un “demone interiore”. Durante la sua testimonianza del 18 settembre, ha confessato: “Mi pento delle mie azioni. Amo mia moglie”, sottolineando il conflitto tra la sua coscienza e le azioni compiute.
Gli inquirenti hanno scoperto che Pelicot ha utilizzato la sua rete per reclutare uomini disposti a partecipare a violenze atroci, inclusi abusi su donne nel proprio contesto familiare. Le ripercussioni di questo caso hanno suscitato forti reazioni in Francia, innescando proteste da parte di movimenti contro la violenza sulle donne, che chiedono giustizia e un’attenzione crescente a questi orribili crimini.
Chi sono gli altri complici e la droga utilizzata sulla moglie
Dominique Pélicot è stato arrestato nel 2020 e accusato di stupro aggravato, somministrazione di droghe e altri reati sessuali. Ha ammesso di aver drogato sua moglie, Gisèle, con lorazepam (Temesta), un farmaco ansiolitico che le causava sonnolenza. Pélicot somministrava segretamente il farmaco nei pasti e nelle bevande, facendole perdere conoscenza e permettendo così atti sessuali contro la sua volontà.
Tra gli altri 53 imputati, vi sono nomi significativi come Redouan El Farihi, un infermiere, e Nicolas François, un giornalista trovato in possesso di immagini pedopornografiche. Quentin Hennebert, un ex supervisore di prigione, e Joan Kawai, un giovane soldato, sono stati accusati di aver abusato di Gisèle mentre era incosciente. Questo caso ha sollevato gravi preoccupazioni sulla violenza sistematica e la sottomissione chimica, evidenziando la necessità di maggiore vigilanza e giustizia per le vittime di abusi.