Orrore nelle carceri cinesi: medici espiantavano organi da pazienti che non erano ancora cerebralmente morti.
La denuncia parte da uno studio accademico, citato dal Wall Street Journal. Si sarebbe trattato di detenuti condannati a morte.
Alcuni sono addirittura stati uccisi proprio mediante l’espianto di organi vitali. Dettagli che fanno accapponare la pelle.
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Lo studio
A condurre lo studio, un chirurgo israealiano, Jacob Lavee, insieme all’australiano Matthew Robertson, esperto del Victims of Communism Memorial Foundation.
Secondo Lavee, “trapiantare organi da una persona sottoposta all’esecuzione il cui cervello è morto ma il cui cuore ancora batte, richiede un complesso e delicato coordinamento fra il boia e il chirurgo per mettere al sicuro l’organo. I documenti analizzati dallo studio mostrano che i medici cinesi hanno partecipato all’esecuzione per evitare di perdere l’organo per mancato coordinamento”.
L’altro autore della ricerca, il professor Robertson, si spinge addirittura ancora più oltre, sostenendo che nei 71 casi segnalati “la rimozione del cuore nell’espianto deve essere stata la causa diretta della morte del donatore. Poiché questi donatori di organi possono solo essere stati detenuti, i risultati della nostra ricerca suggeriscono con forza che medici nella repubblica popolare cinese hanno partecipato alle esecuzioni espiantando il cuore”.
I due ricercatori, inoltre, hanno affermato come questa scoperta rappresenti addirittura solamente “la piccolissima parte di una grande popolazione nascosta”. La punta dell’iceberg, dunque, di un fenomeno dalla portata assai più ampia.
In sostanza, i casi reali potrebbero essere molti, molti di più e non essere in alcun modo venuti alla luce. Un dettaglio da brividi, che si va a incasellare in uno scenario da film dell’orrore ma che purtroppo e la dura ed inconfutabile realtà dei fatti.
“Migliaia di documenti sono stati pubblicati in Cina sul trapianto di cuore e polmoni, ma la maggior parte non dice nulla di come sia stato trattato il donatore”.