Omicidio Luca Sacchi: condannata anche la fidanzata

By Redazione

Tre persone sono state condannate per l’omicidio di  Luca Sacchi, il 24ennne freddato a Roma nella notte tra il 23 e il 24 ottobre 2019, durante una rapina.

La condanna della Corte d’Assise

I giudici della Corte d’Assiste hanno condannato a 27 anni di carcere Valerio Del Grosso, esecutore materiale dell’omicidio e a 25 anni Paolo Pirino e Marcello de Propris per concorso in omicidio.

Assolto invece Armando De Propris, padre di Marcello, accusato di detenzione illegale d’armi.

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La fidanzata

Condannata inoltre a 3 anni e al pagamento di una multa di 30mila euro Anastasiya Kylemnyk, fidanzata di Sacchi.

La giovane, nella notte dell’omicidio, tentò di acquistare 15 chili di marijuana da Del Grosso e Pirino.

In quella notte, Sacchi, Kylemnyk e Giovanni Princi avevano cercato di acquistare della marijuna da Del Grosso e Pirino, così Del Grosso aveva tentato di derubare Anastasiya durante l’acquisto, e nella collutazione aveva esploso un colpo di pistola che colpì Luca alla testa.

Luca morì poco dopo in ospedale. Nel giugno del 2020 Princi era stato condannato a quattro anni di carcere con rito abbreviato per avere organizzato lo scambio di droga.

Le parole del padre di Luca

Ai microfoni del TgCom, il padre di Luca Sacchi, Alfonso, dice: “Non c’è stato l’ergastolo ma 27 anni sono tanti. E’ stata fatta giustizia. Di Anastasiya non so più che dire, da lei mai una parola. In aula con noi si è scusato solo Armando De Propris, lei no“.

La difesa di Anastasiya e le accuse di razzismo

Per l’avvocato Cincioni Anastasiya non ha partecipato alla trattativa per l’acquisto di droga. Ha sempre detto di sapere che nel suo zaino c’era del denaro ma non sapeva quanto. Ricordo a tutti che quella notte è stata presa a bastonate e per un puro accidente del fato non ha preso un colpo in testa anche lei”.

Aggiungendo anche: “In questa storia la vita privata di una ragazza di appena vent’anni è stata messa in piazza, abbiamo subìto per due anni un processo mediatico, nel silenzio. I processi si fanno nelle aule di giustizia non nei salotti televisivi. Abbiamo assistito a un vero e proprio ciarpame condito anche di razzismo nei confronti della mia assistita”.

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