Gaetano Rampello, il 57enne che martedì pomeriggio ha ucciso suo figlio con 15 colpi di pistola alla fermata del bus dopo un litigio per futili motivi, ora dice: “Non volevo ucciderlo”.
E aggiunge: “Non è vero che ho portato con me la pistola per ucciderlo, la tengo sempre con me per abitudine e per esigenze operative e di custodia”.
Adesso, l’avvocato del poliziotto, Daniela Posante, ha ottenuto dal giudice l’autorizzazione di far ascoltare in aula i vocali in cui si sente il giovane, affetto da problemi psichici da tempo, minacciare di morte ed insultare il padre ripetutamente.
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“Pretendeva soldi di continuo”, avrebbe detto il padre agli inquirenti. “Quella mattina voleva 50 euro, quando mi sono rifiutato di darglieli ha iniziato a strattonarmi”.
Nei messaggi, si sente: “Se ti permetti di condividere il messaggio o andare dai carabinieri ti ammazzo, ti taglio la testa”.
Insomma, teoricamente, almeno per la difesa, si tratterebbe di un delitto d’impulso. Ma questa linea difensiva poco convince il pubblico ministero Chiara Bisso, che gli ha contestato i reati di omicidio volontario con l’aggravante della premeditazione e dei futili motivi.
Quel pomeriggio, i due si erano dati appuntamento in piazza centrale, per la consegna di 30 euro, ma il giovane gliene ha chiesti 50. Il padre si è rifiutato, e a quel punto il giovane ha preso a strattonarlo e lo ha letteralmente rapinato, sfilandogli il portafogli e derubandolo di 15 euro.
L’uomo a quel punto non ci vede più, estrae l’arma di servizio e scarica addosso al figlio ben 15 colpi di pistola, praticamente l’intero caricatore. Poi, dopo l’inconsulto gesto, chiama i carabinieri.
In realtà, il tutto farebbe propendere per un reato d’impulso. Rapporti esasperati ed esacerbati da anni di conflitti, il ragazzo che aveva oramai perso da tempo lucidità e minacciava il padre di continuo. Rapporti portati insomma oltre ogni umano limite hanno potuto in qualche modo contribuire a un raptus d’ira del poliziotto, che, asserisce, non aveva appunto premeditato l’omicidio.
Rampello è ora ai domiciliari con braccialetto. Riferisce il suo legale: “A prescindere dalla pena che gli sarà inflitta, il mio assistito già sta pagando da 24 anni e vivrà col tormento per sempre”.