E’ stato un video, registrato forse casualmente sul telefono di uno dei figli, a incastrare una 46enne del catanese, ora ai domiciliari per dei fatti raccapriccianti: la donna abusava sessualmente del figlio disabile di 7 anni.
La donna, originaria di Capo d’Orlando, centro del messinese, si trova da stamattina agli arresti domiciliari e i figli si trovano ora col padre, da cui era separata.
Il racconto del padre
Il padre del piccolo nei giorni scorsi aveva sporto denuncia dopo avere visto un video sul cellulare della figlia che lasciava poco spazio a dubbi. La donna era separata dal marito, che l’aveva lasciata a causa dei suoi continui tradimenti nei suoi confronti.
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I bambini erano stati affidati alla madre, con diritto del padre di prenderli con sè durante i weekend.
L’uomo ha raccontato: “Mi trovavo nella mia abitazione con i miei figli, gli stessi giocavano e scattavano fotografie. Dopo aver giocato insieme, prendevo il telefono di mia figlia per guardare le foto che avevano scattato. Scorrendo nella galleria del telefono in questione mi imbattevo in un video della durata di 22 minuti circa che mi soffermavo a guardare”. Si trattava di una registrazione video partita inavvertitamente “come dimostra il fatto che vi è un’inquadratura fissa, ma si ha modo comunque di ascoltarne l’audio”.
Ciò che se ne deduce dall’audio in questione, che eviteremo di riportare qui, è indiscutibile: la donna esplicitamente invitava il bambino a compiere atti sessuali.
Il piccolo nei giorni scorsi, è stato ascoltato, in un luogo protetto e alla presenza di una psicologa, dalla pm.
E il gip spiega: “Sussistono infatti, per le specifiche modalità e circostanze del fatto, nonché per la personalità dell’indagata, concrete, attuali ed inderogabili esigenze con riferimento al concreto pericolo che la stessa, se non cautelativamente ristretta, possa commettere altri gravi delitti della stessa specie di quello per cui si procede: basti all’uopo considerare l’inaudita gravità della condotta, peraltro reiterata per quanto detto, di una madre la quale, anziché proteggere ed educare la prole in tenera età (per di più costretta a vivere in un ambiente fortemente degradato anche sotto il profilo igienico-sanitario), ne diventa la “carnefice”, sottoponendo il piccolo di appena sette anni ad azioni capaci di minarne il corretto sviluppo psico-sessuale, tanto più in un soggetto già di per sé portatore di un certo grado di disagio psico-motorio”.