Netanyahu sotto accusa: proteste e scioperi violenti in Israele
Da mesi, scioperi e manifestazioni contro Netanyahu scuotono Israele, con crescente rabbia per la mancata tregua con Hamas e la gestione del conflitto, che mette a rischio i prigionieri detenuti dal gruppo. La recente morte di diversi ostaggi a Gaza ha aggravato non solo la situazione interna, ma anche i rapporti tra Netanyahu e Biden. Il presidente americano ha accusato il premier israeliano di non impegnarsi abbastanza per una soluzione pacifica.
Le immagini diffuse da The Cradle mostrano proteste di massa, da Tel Aviv a diverse altre città, con migliaia di persone in strada dal 1° settembre per chiedere la restituzione dei prigionieri. Le proteste, iniziate lunedì, sono tra le più violente finora. La polizia israeliana ha reagito con forza, cercando di disperdere la folla. I media locali riportano numerosi arresti.
Il sindacato israeliano Histradut ha indetto lo sciopero generale, accusando Netanyahu di ritardare un accordo per lo scambio dei prigionieri, esponendoli a ulteriori violenze e violazioni dei diritti umani. Le proteste hanno paralizzato il paese, con strade bloccate e centri commerciali, banche, ministeri e aziende tecnologiche chiusi. A supportare gli scioperanti anche il Forum degli Affari di Israele, aumentando la pressione su Netanyahu.
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Come ha risposta il premier Netanyahu alle accuse? Le prime parole dopo lo sciopero anche per gli Stati Uniti
Fronte interno e fronte esterno, il premier Netanyahu ha anche l’opposizione di Biden alla sua condotta ritenuta poco impegnata verso trattative anche di accordo con Hamas per la liberazione degli ostaggi. Questa però è una linea che il presidente israeliano ha sempre difeso e sostenuto, la linea dura in risposta all’attacco violento del 7 ottobre e ora all’uccisione degli ostati da parte di Hamas.
E, durante la conferenza stampa di lunedì sera, Benjamin Netanyahu ha ribadito che non modificherà gli obiettivi israeliani nella guerra a Gaza, nonostante le crescenti proteste. Ha respinto le accuse secondo cui il ritardo nei negoziati avrebbe portato alla morte degli ostaggi, attribuendo invece la colpa a Hamas. Netanyahu ha sottolineato la necessità di mantenere il controllo del “corridoio Philadelphi”, definito come il “tubo dell’ossigeno di Hamas”, e ha promesso di non ritirare le truppe da questa area strategica. Ha anche chiesto perdono alle famiglie degli ostaggi uccisi, ma ha affermato che l’esercito ha ancora bisogno di tempo per neutralizzare Hamas.
Gelo tra Biden e Netanyahu: come potrebbe cambiare con il prossimo presidente USA?
Il gelo tra Biden e Netanyahu, ormai evidente, solleva interrogativi su come potrebbe evolversi con la futura amministrazione statunitense. Durante la sua presidenza, Biden ha criticato duramente Netanyahu per la gestione del conflitto con Hamas, accusandolo di non fare abbastanza per negoziare un cessate il fuoco e liberare gli ostaggi. La tensione è aumentata ulteriormente dopo la recente scoperta dei corpi di sei ostaggi uccisi a Gaza, tra cui un cittadino americano.
Netanyahu ha risposto con fermezza, sostenendo che la colpa dello stallo ricade interamente su Hamas e ribadendo il suo impegno a continuare l’azione militare. Tuttavia, con Biden ormai negli ultimi mesi del suo mandato, si specula su come il prossimo presidente degli Stati Uniti—sia esso Kamala Harris o Donald Trump—potrebbe influenzare la relazione tra i due paesi. Harris, democratica, potrebbe mantenere una linea simile a quella di Biden, mentre Trump, pur non sostenendo completamente la linea dura di Netanyahu, potrebbe essere meno critico a causa della sua opposizione a Hamas.
Concludiamo la cronaca di oggi con altre due notizie estere importante legate al conflitto di Gaza e agli equilibri mediorientali. L’esercito israeliano ha ucciso Ahmed Wadiyya, comandante delle forze d’élite Nukhba di Hamas, durante un attacco aereo nei pressi dell’ospedale al-Ahli a Gaza City.
In un’altra operazione, la polizia turca ha arrestato Liridon Rexhepi, cittadino kosovaro accusato di gestire la rete finanziaria del Mossad in Turchia. Le autorità turche sospettano che il Mossad stia reclutando agenti per operazioni contro obiettivi stranieri sul territorio turco.