Qualche giorno fa era stato lanciato l’allarme per una forma di epatite pediatrica in circolazione nel nostro Paese, che ha messo tutti in allarme.
“Il problema non è se si siano verificati casi di epatiti acute gravi nel nostro Paese, perché questo accade ogni anno, ma se i casi che si sono verificati superino l’atteso per il periodo, quindi se ci sia un problema di incidenza”.
Così ha tranquillizzato gli animi Giuseppe Indolfi, epatologo del Meyer di Firenze, professore associato di Pediatria all’università di Firenze.
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I casi, secondo l’esperto intervistato da La Nazione, non devono preoccupare, anche se lancia un avvertimento:”In questo momento direi assolutamente no perché sono condizioni che noi conosciamo, ma possono essere molto gravi e quindi ovviamente ci vuole attenzione. Nel caso in cui dovessimo verificare, ma solo attraverso studi scientifici, che esiste davvero un aumento dell’incidenza, allora in quel caso dobbiamo prendere le misure che ci servono per rispondere a un problema”
In Italia per ora solo 4 casi
In Italia si sono verificati sino ad ora solo 4 casi, e non c’è “nulla di diverso rispetto a quanto già successo in passato. Quello che invece potrebbe essere diverso- spiega l’esperto- è che, se in passato ci si attendevano 8 casi in un anno, dobbiamo verificare se questi eventuali 4 casi in quattro mesi rappresentano un aumento dell’incidenza”.
“Stando ai dati ufficiali – ha commentato Indolfi, responsabile dell’area fegato della Società europea di Gastroenterologia e anche consulente dell’Oms per le epatiti virali – in Inghilterra nell’ultimo mese hanno rilevato un numero di casi che sembra eccedente rispetto all’atteso di una epatite virale acuta grave. Non si tratta però di una patologia o di una condizione patologica nuova, ma di una condizione patologica che già conosciamo e diagnostichiamo anche se raramente. L’eccezionalità, in Inghilterra, sta nel fatto che ne hanno avuto un numero concentrato e apparentemente superiore rispetto all’atteso in un arco temporale abbastanza breve”.
L’aumento da ricercare in una correlazione con il Covid?
Si è anche parlato di una possibile correlazione con il Covid, ma, dice Indolfi, “In questo momento non c’è nulla che supporti una correlazione con il Covid“