La passeggiata a Tripoli della presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha prodotto un accordo sul gas per aumentarne la produzione in Libia, in cambio di investimenti per 8 miliardi ed un patto per fronteggiare le partenze dei migranti verso le coste italiane ed Europee.
Peccato, però, che gli accordi stretti con la Libia, già in passato siano stati più volte archiviati dal paese arabo. Vero è che la retro marcia nei confronti dei patti stretti con l’Italia portava la firma di Muammar Gheddafi, passato a miglior vita da un bel po’.
Ma è altrettanto vero che la Libia non offre grandi garanzie di stabilità politica, visto che, tutt’ora, è divisa tra due governi legittimati solo in parte e con libere elezioni rimandate dal 2021. E Giorgia Meloni ha incontrato soltanto uno dei due rais, subentrati nel post-Gheddafi, quello riconosciuto dalla comunità internazionale. Ma l’altro mezzo paese, gestito dal generale Haftar, quello potrebbe non condividere le intenzioni italiane o potrebbe farlo a condizioni ancora da stabilire.
L’accordo sul gas può trasformare l’Italia in un Hub.
Per l’Eni, e quindi per l’Italia, potrebbe comunque essere un colpaccio. 8 miliardi sul tavolo da spendere ma, in cambio, l’aumento dei volumi di gas destinati all’esportazione, che vedrebbero l’Italia fare da Hub per tutta la domanda europea, oggi sotto scacco del gas russo.
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In cambio degli 8 miliardi e della Joint venture tra l’Eni e la compagnia statale libica Noc, per aumentare la produzione di idrocarburi per il mercato interno e per aumentare le esportazioni, l’Italia ha chiesto un coinvolgimento di questo governo libico per ridurre le partenze verso l’Europa e l’Italia in particolare.
Insomma, l’Italia si farebbe carico di trattare, per conto di tutti, sia sul problema migranti, sia su quello dell’approvvigionamento di gas. In cambio, saremmo noi a distribuirlo a altri ( e vedremo a che prezzo) e ridurremmo il costante afflusso di genti stremate dalla povertà, dalla fame, dalla guerra (o guerriglia) e dallo sfruttamento verso l’agognato benessere europeo. Praticamente in missione per conto di Bruxelles. E di tutti gli altri. Un’operazione di riposizionamento strategico del ruolo italiano, degna del Draghi dei tempi migliori.
La presenza di Eni in Libia rafforzata dal maxi accordo sul gas.
Nel dettaglio, l’intesa siglata ieri, sotto lo sguardo vigile e compiaciuto di Meloni e del primo ministro del Governo di unità nazionale libico, Abdul Hamid Al-Dbeibah, prevede l’intervento di Eni nei due giacimenti – Struttura A e Struttura E – che si trovano al largo delle coste libiche, nell’area contrattuale D. La produzione di gas inizierà nel 2026 e dovrà assicurare estrazione per 750 milioni di piedi cubi di gas al giorno.
Tutto questo attraverso due piattaforme di collegamento con l’impianto di Mellitah, dove verrà anche costruito un impianto di cattura e di stoccaggio dell’anidride carbonica (CCS), in linea con la strategia di decarbonizzazione adottata dall’Eni. Con evidenti ricadute positive per l’economia locale e con il rafforzamento del ruolo e della presenza del colosso italiano che fu di Enrico Mattei. Del resto, la compagnia italiana non è certo un partner sconosciuto per la Libia, visto che è il primo produttore di gas ed il principale fornitore del mercato locale interno, con una quota pari all’80%. Gli impianti Eni, nello scorso 2022, hanno prodotto in Libia 9,3 miliardi di metri cubi di gas, per lo più destinati al mercato interno che li impiega per l’alimentazione delle centrali elettriche del paese, impegnate a generare oltre 3 gigawatt. Solamente 2,5 miliardi di metri cubi sono arrivati in Italia, attraverso i 520 chilometri del gasdotto sottomarino Greenstream, che collega Mellitah alla siciliana Gela.
Prima di Tripoli, Meloni ad Algeri per ulteriore accordo sul gas.
La tappa libica della presidente del Consiglio Meloni segue, di una settimana, quella ad Algeri con l’obiettivo, anche in quel caso, di rafforzare i rapporti con alcuni dei principali fornitori di gas del paese, nel solco tracciato da Mario Draghi prima. E, con le intese tra Eni e Sonatrach, l’Italia si è assicurata la propria indipendenza dagli idrocarburi russi che smetteranno di arrivare dal prossimo 5 febbraio, in virtù del doppio embargo nei confronti di Mosca e i cui effetti vi abbiamo anticipato in questo articolo. I flussi algerini sono destinati a raddoppiare, passando da 9 a 18 miliardi di metri cubi annui al 2024.
Ed è proprio sulla futura prosperità che questa Joint venture potrebbe assicurare alla Libia, che Meloni gioca la sua leva: “L’Italia può e vuole giocare un ruolo importante anche nella capacità di aiutare i Paesi africani a crescere e a diventare più ricchi: una cooperazione che non vuole essere predatoria, che vuole lasciare qualcosa nelle nazioni”.
Giorgetti: ”Bollette giù del 40% da febbraio”
E sarà, forse, anche perché corroborato da queste incoraggianti notizie, che ieri il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti si è lasciato andare ad una promessa impegnativa: “Da febbraio, le bollette degli italiani scenderanno del 40%”, come vi raccontiamo in questo articolo.
Insomma, magari si tratta solo di una coincidenza, ma l’accordo sul gas tra Italia e Libia potrebbe aver prodotto già i primi effetti, pur se indirettamente.