L’attualità sulle condizioni carcerarie in Africa evidenzia il problema del sovraffollamento, con strutture che ospitano fino a duecento persone per cella. Denunce di violenze, abusi sessuali e negligenza sono all’ordine del giorno in questi spazi chiusi, dove le rivolte sono frequenti e lasciano numerosi feriti. Queste notizie provengono non solo dalle cronache, ma soprattutto dalle organizzazioni umanitarie attive nel continente africano, come la Comunità di Sant’Egidio, che sostiene anche le famiglie dei detenuti.
Maurizio Cocco, ingegnere italiano detenuto in Costa d’Avorio, condivide secondo diverse fonti la sua cella con quasi duecento prigionieri in un carcere progettato per 1.500 persone, ma che ne ospita 12.000. L’ONU monitora da tempo queste situazioni critiche, con particolare attenzione alla Repubblica Democratica del Congo , dove una recente evasione ha causato morti e sollevato ulteriori preoccupazioni.
Stupri, distruzioni e altre violazioni: raccontiamo cosa è successo in Congo ad inizio settembre
Ad inizio settembre, c’è stato un tentativo di evasione nella prigione di Makala, la più grande della Repubblica Democratica del Congo e nella sua capitale Kinshasa.
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Un evento che ha provocato la morte di almeno 129 persone. Il bilancio, confermato dal ministro dell’interno Jacquemain Shabani, comprende 24 vittime colpite da armi da fuoco e 59 feriti. La prigione di Makala è la fotografia di quanto scritto su tante situazioni carcerarie in Africa. Questa struttura è progettata per ospitare 1.500 persone, ne conteneva tra 14.000 e 15.000.
Gravi danni e violazioni umane. Durante l’evasione, scoppiata nel cuore della notte, sono stati incendiati diversi edifici amministrativi e molte donne sono state aggredite sessualmente, con numeri dettagliati in un rapporto delle Nazioni Unite: 268 donne su 348 sono state vittime di violenze sessuali. Il governo congolese ha avviato un’inchiesta per identificare le responsabilità di questo tragico evento, che ha evidenziato ulteriormente le drammatiche condizioni delle carceri nel continente africano.
Ad un mese dalla rivolta, la richiesta dell’Onu di un intervento sulle carceri più deteriorate e a rischio
Martedì, riporta Reuters, c’è stato un importante briefing sui diritti umani e sio sono discusse le condizioni dei carcerati in Congo. Importante la presenza di Volker Turk, Alto Commissario dell’Onu. (Articolo di approfondimento su Greenreport)
Ha denunciato un numero crescente di casi di tortura e violenza sessuale nei centri di custodia gestiti dai servizi segreti. L’Alto commissario ha evidenziato come i detenuti vengano spesso privati dell’accesso a un avvocato e del contatto con le loro famiglie
Tra i problemi importanti, l’impossibilità per gli osservatori dell’ONU di accedere alle prigioni, tra cui quella di Makala. Nonostante le numerose richieste inviate alle autorità congolesi, l‘accesso ai centri di detenzione continua a essere negato, lo riferisce il portavoce dell’ONU Seif Mag.
Dal 2019, quando Félix Tshisekedi è diventato presidente, aveva promesso di chiudere questi centri gestiti dai servizi segreti, noti per i maltrattamenti, ma la situazione non è ancora cambiata. Dopo l’evasione di massa del mese scorso, Tshisekedi ha ordinato un’indagine e una revisione delle prigioni principali per ridurre il sovraffollamento e migliorare le condizioni generali.
Altre notizie dall’Africa e sul Congo
Partiamo da cosa ci racconta l’Unicef che insieme al Ministero della Salute della Repubblica Democratica del Congo, ha avviato una campagna di vaccinazione contro il vaiolo delle scimmie nelle province più colpite. Sono state distribuite 265.000 dosi di vaccino, con priorità per gruppi vulnerabili come gli operatori sanitari e le persone con sistemi immunitari compromessi.
Un briefing del Consiglio di Sicurezza dell’ONU si concentra sull’area est del Congo, devastata da conflitti tra gruppi armati come l’M23 e le Forze Democratiche Alleate, con gravi conseguenze per i civili.
Dalla Farnesina, invece, ci arrivano informazioni sul Corridoio di Lobito, un’arteria commerciale chiave tra RDC, Zambia e Angola, è stato modernizzato e rilanciato grazie a investimenti internazionali. Collega le ricche regioni minerarie dell’Africa centrale al porto di Lobito, riducendo i tempi di trasporto di rame e cobalto verso l’Europa.