In alcuni pazienti in coma è stata scoperta una coscienza nascosta in grado di salvargli la vita. Ecco lo studio

By Iole Di Cristofalo

Rivelata una coscienza nascosta grazie a tecniche come fMRI e EEG. Come potrebbe cambiare vite, visioni e pratiche mediche?

La notizia che vi stiamo riportando ha fatto rapidamente il giro del web nelle ultime settimane, ma è talmente profonda e straordinaria che merita di essere evidenziata. La scoperta di una “coscienza nascosta” in alcuni pazienti con gravi danni cerebrali avrà notevoli riscontri in ambito medico, sanitario e bioetico, e potrebbe rivoluzionare non solo il campo della medicina, ma anche il nostro modo di concepire la coscienza e la dignità umana.

Vediamo alcuni esempi: in ambito medico, la scoperta impone un ripensamento delle pratiche diagnostiche, con l’introduzione di tecniche avanzate come fMRI ed EEG per rilevare la cosiddetta dissociazione cognitivo-motoria (CMD). In ambito bioetico, emergono nuove questioni etiche riguardanti la dignità del paziente e il bilanciamento tra prolungamento della vita e sofferenza. Questo progresso scientifico apre nuovi scenari che necessitano di un’attenta riflessione, sia dal punto di vista clinico che etico.

Che cos’è esattamente la coscienza nascosta scoperta con il Neuroimaging?

Studi e scoperte sulla coscienza nascosta in pazienti che hanno subito gravi danni cerebrali (foto da Google)
Studi e scoperte sulla coscienza nascosta in pazienti che hanno subito gravi danni cerebrali (foto da Google)

La “coscienza nascosta” è una condizione scoperta recentemente da un team internazionale di ricerca che riguarda il 25% dei pazienti con gravi lesioni cerebrali non responsivi. Questi pazienti, pur non mostrando segni esteriori di reattività, hanno una forma di consapevolezza rilevabile attraverso tecniche avanzate come la risonanza magnetica funzionale (fMRI) e l’elettroencefalografia (EEG).

Iscriviti gratuitamente sul canale Telegram, cliccando qui

oppure su Whatsapp, cliccando qui per non perdere tutte le novità

Tale condizione, definita come dissociazione cognitivo-motoria (CMD), indica che i pazienti possono capire e seguire istruzioni a livello mentale, ma non riescono a esprimere queste risposte fisicamente. La scoperta ha importanti implicazioni cliniche ed etiche, poiché potrebbe influenzare le decisioni riguardanti il supporto vitale e la riabilitazione.

La notizia è stata diffusa grazie allo studio pubblicato su The New England Journal of Medicine, condotto da scienziati dello Spaulding Rehabilitation Hospital e del Martinos Center for Biomedical Imaging del Massachusetts General Hospital, in collaborazione con altri istituti internazionali. La ricerca ha coinvolto 241 pazienti, dimostrando che circa un quarto di essi, pur sembrando non responsivi, possiede una coscienza rilevabile.

Che cos’è uno stato di coscienza e che cosa succede quando si è in coma o si entra in stato vegetativo?

Lo stato di coscienza si riferisce al livello di consapevolezza che una persona ha di sé stessa e del mondo circostante. Dal punto di vista neurologico, è determinato da due componenti fondamentali: la vigilanza e la consapevolezza. La vigilanza è la capacità di mantenere uno stato di veglia, mentre la consapevolezza implica la capacità di percepire e comprendere l’ambiente esterno e, in forma più avanzata, il proprio essere. Quando entrambe queste componenti funzionano correttamente, si ha uno stato di coscienza normale.

Quando una persona entra in coma, entrambe queste componenti vengono compromesse. Nel coma, la vigilanza è assente: gli occhi sono chiusi e la persona non risponde agli stimoli, nemmeno a quelli dolorosi. Questo stato è solitamente causato da un danno cerebrale dovuto a traumi, ictus, infezioni o altre condizioni gravi. Nel caso dello stato vegetativo, invece, la vigilanza è presente, con cicli di sonno-veglia, ma la consapevolezza è assente. La persona può avere gli occhi aperti, ma non mostra segni di percezione o reazione consapevole all’ambiente.

Tuttavia, recenti scoperte hanno portato alla luce l’esistenza di una coscienza nascosta in alcuni pazienti in stato vegetativo o non responsivi. Questa coscienza nascosta rappresenta una forma di consapevolezza che non si manifesta attraverso comportamenti visibili, ma che può essere rilevata con tecniche avanzate come la fMRI e l’EEG. Queste nuove conoscenze sfidano la nostra comprensione tradizionale degli stati di coscienza e aprono nuove possibilità per il trattamento e la cura di questi pazienti.

Parliamo di neuroimaging importante per rilevare la coscienza nascosta

Neuroimagin e esempio di scansione cerebrale
Neuroimaging e esempio di scansione cerebrale (foto Wikimedia)

Il neuroimaging è stato fondamentale per rilevare la “coscienza nascosta”, tecniche avanzate come la risonanza magnetica funzionale (fMRI) hanno permesso di identificare risposte cerebrali specifiche a stimoli esterni, suggerendo che alcuni pazienti in apparenza inconsci potrebbero avere una forma di coscienza residua.

Queste tecnologie consentono di osservare se aree cerebrali cruciali per la percezione e il pensiero rispondono a comandi o stimoli, offrendo un mezzo per comunicare con pazienti che altrimenti sembrerebbero non rispondere. Sebbene promettente, questo campo è ancora oggetto di dibattito, sia per questioni etiche che per le sfide interpretative delle risposte neurali osservate, che non sempre corrispondono a un’effettiva esperienza cosciente.