La vendemmia 2023, calo della produzione, ferma ai 43,9 milioni di ettolitri
Si sapeva che gli effetti provocati dal cambiamento climatico avevano compromesso moltissime coltivazioni e, con esse, i raccolti a venire. Da Ultimdalweb vi abbiamo tenuto aggiornati sugli effetti catastrofici provocati dal maltempo. L’estate ci ha raccontato una parte della verità: abbiamo visto i prezzi di pomodori e le zucchine nei supermercati a peso d’oro, presenti in molte occasioni grazie alle importazioni o alle coltivazioni di serra. Ora è toccato il turno al vino, uno dei prodotti italiani più amati nel nostro Paese e all’estero. Perché Coldiretti ci racconta che la produzione del 2023 è diminuita del 12% rispetto all’anno precedenti. Diamo un’occhiata ai numeri!
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Il vino in Italia, tutti i trend e i 10 produttori più performanti
La produzione del vino in Italia, uno dei peggiori anni degli ultimi 100
Il 2023 è stato classificato come uno fra i peggiori anni della storia della produzione di vino in Italia. Di fatto, la vendemmia del 2023 si ferma ai 43,9 milioni di ettolitri (stimati), in calo del 12% rispetto al 2022. Solo tre anni possono fare compagnia al 2023 negli ultimi 100 anni: il 1948, il 2007 e il 2017. Coldiretti fornisce i dati dopo avere conosciuto le stime a metà vendemmia da parte da Assoenologi, Ismea e Unione Italiana Vini (Uiv), che confermano i sospetti della principale organizzazione agricola diffusi all’inizio della raccolta.
La Francia supera l’Italia come Paese produttore
Alla luce dei numeri, per la prima volta dopo anni, se le cose non cambiano la Francia supererà il nostro Paese in quantità di ettolitri. Il Paese transalpino ha previsto nell’ultimo bollettino del Ministero dell’agricoltura francese (diramato l’8 settembre) che la produzione di vino potrebbe raggiungere 45 milioni di ettolitri.
I risultati si vedranno solo a raccolta finita, tenuto in considerazione che il sole della prima metà di settembre ha fatto miracoli nella vendemmia, che proseguirà nei mesi di settembre e ottobre con la raccolta dell‘uva Glera per il Prosecco e con le uve rosse autoctone Sangiovese, Montepulciano, Nebbiolo e non finirà fino a novembre, con le uve di Aglianico e Nerello su 658mila ettari coltivati a livello nazionale.
La lotta tra l’Italia e la Francia per la supremazia del settore
La sfida con i parenti francesi deve tenere conto non soltanto del numero di litri, ma della qualità e della diversità. La produzione italiana è di alta qualità e conta su 635 varietà, il doppio rispetto ai francesi. Il processo di qualificazione del vino Made in Italy è confermato dal successo dell’export anche nel Paese concorrente, dove si beve sempre di più vino italiano, come lo dimostra un balzo del +18,5% in valore delle esportazioni nazionali di vino Oltralpe nei primi cinque mesi del 2023, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat.
Le bottiglie del Made in Italy, un successo dentro e fuori dai confini nazionali
Le bottiglie del Made in Italy sono destinate per circa il 70% a Docg, Doc e Igt. Parliamo di 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 76 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia. Il restante 30% della produzione è destinata ai vini da tavola.
L’export del vino italiano genera occupazione
Come ci racconta la prima associazione agricola d’Italia, il vino è il prodotto agroalimentare italiano più esportato all’estero, con un valore che nel 2022 è stato pari a 7,9 miliardi sui mercati mondiali, il che ha generato diverse opportunità di lavoro.
Settori maggiormente interessati dalla produzione del vino
Non solo i viticoltori e gli addetti nelle cantine o i distributori delle catene commerciali vivono del vino. Bisogna estendere l’elenco anche ai settori connessi, sia nei servizi che nell’indotto: dall’industria vetraria a quella dei tappi, dai trasporti alle assicurazioni, da quella degli accessori, come cavatappi e sciabole, dai vivai agli imballaggi, dalla ricerca e formazione alla divulgazione, dall’enoturismo alla cosmetica e al mercato del benessere, dall’editoria alla pubblicità, dai programmi software fino alle bioenergie ottenute dai residui di potatura e dai sottoprodotti della vinificazione (fecce, vinacce e raspi). In totale, stiamo parlando di circa 1,5 milioni di persone.
I potenziali pericoli del settore del vino
Dopo avere analizzato i risultati di questo settore del Made in Italy non si può non ragionare sul suo futuro. Come dice Coldiretti: pesano le incognite legate alle politiche adottate dall’Unione Europea a partire dalla scelta della Commissione di dare il via libera all’introduzione di etichette allarmistiche sul vino decisa dall’Irlanda. Il giusto impegno dell’Unione per tutelare la salute dei cittadini secondo la Coldiretti non deve tradursi in decisioni che rischiano di criminalizzare singoli prodotti indipendentemente dalle quantità consumate.
E non è il solo attacco che deve affrontare il vino Made in Italy, perché, ad esempio, l’Ue ha autorizzato nell’ambito delle pratiche enologiche l’eliminazione totale o parziale dell’alcol anche nei vini a denominazione di origine e permette la commercializzazione del vino senza uva. E questo è possibile perché i “vini” si producono dalla fermentazione di frutti diversi dall’uva come lamponi e ribes molto diffusi nei Paesi dell’Est.
Ettore Prandini: “il vino va difeso”
La dichiarazione del presidente della Coldiretti, Ettore Prandini in merito ai potenziali rischi di questo prodotto Made in Italy, è stata: “Il vino rappresenta un patrimonio del Made in Italy anche dal punto di vista occupazionale che va difeso dai tentativi di colpevolizzarlo sulla base di un approccio ideologico che non tiene contro di una storia millenaria che ha contribuito non solo a far grande il nostro agroalimentare, ma si inserisce appieno nella Dieta Mediterranea che in questi anni ha visto gli italiani primeggiare per longevità a livello europeo e mondiale”.