Andare via di casa, una gioia o un dolore?
Da ultimedalweb vi abbiamo parlato recentemente delle agevolazioni concesse ai genitori che danno in comodato d’uso la seconda casa ai figli. E questo? Per aiutarli a raggiungere la propria indipendenza. Quante volte quando eravate più giovani avreste voluto andare via di casa? E se siete ancora in casa con i vostri genitori, vorreste trovare la vostra indipendenza? O state bene così? La domanda nasce spontanea dopo che negli ultimi giorni ha fatto furore sul web la notizia di una donna di 75 anni che ha denunciato i figli di 40 e 42 anni perché non volevano abbandonare il nido familiare. Vediamo di ricostruire la vicenda e di capire quando e se è arrivato il momento per essere indipendenti.
Per approfondire:
Scadenza IMU, come risparmiare il 50% e a chi spetta l’agevolazione
Iscriviti gratuitamente sul canale Telegram, cliccando qui
oppure su Whatsapp, cliccando qui per non perdere tutte le novità
La vicenda della 75enne che fa da badante ai figli
Questa storia della donna di 75 anni che ha denunciato i figli di 40 e 42 anni perché vivevano a casa ha fatto molto discutere. La donna, residente a Binasco, nell’hinterland milanese, si è rivolta al tribunale per chiedere lo sfratto dei suoi due figli, che lavoravano ma non contribuivano alle spese domestiche e non collaboravano nelle pulizie. Il giudice le ha dato ragione e ha stabilito che i due fratelli dovranno lasciare l’abitazione materna entro il 18 dicembre.
La sentenza della giudice e le riflessioni sui figli parassita
La decisione del giudice Simona Caterbi ha preso le parti dell’anziana, ribadendo la posizione insostenibile dei figli. La sentenza sottolinea: “se la permanenza nell’immobile agli inizi poteva ritenersi fondata, in quanto basata sull’obbligo di mantenimento gravante sulla genitrice, non appare oggi più giustificabile”. Il verdetto è ancor più forte considerando che si tratta di “soggetti ultraquarantenni“.
Questa sentenza ha sollevato diverse reazioni e riflessioni sul fenomeno dei cosiddetti “figli parassiti”, cioè quegli adulti che rimangono a vivere con i genitori senza assumersi le proprie responsabilità. Alcuni hanno criticato la madre per aver portato in tribunale i propri figli, altri hanno apprezzato il suo coraggio e la sua determinazione. Alcuni hanno sottolineato le difficoltà economiche e sociali che rendono difficile l’indipendenza dei giovani, altri hanno evidenziato la mancanza di maturità e di rispetto dei figli verso la madre.
La scelta dell’indipendenza, da che cosa dipende?
L’indipendenza è una scelta che dipende da molti fattori, come la situazione familiare, il lavoro, le aspirazioni, i sentimenti. Non c’è una risposta univoca a questa domanda, ma solo delle riflessioni che possono aiutarci a capire cosa vogliamo veramente.
Alcune persone scelgono di andare via di casa perché cercano maggiore indipendenza, libertà, opportunità. Per loro, andare via di casa può essere una gioia, un modo per realizzare i propri sogni e crescere come individui. Altre persone, invece, sono costrette ad andare via di casa per motivi economici, familiari, personali. Per loro, andare via di casa può essere un dolore, una perdita di affetti, sicurezza, appartenenza.
Andare via di casa comporta sempre dei cambiamenti, dei pro e dei contro, dei rischi e delle sfide. Non è una decisione da prendere alla leggera, ma nemmeno da temere. È importante valutare bene le proprie motivazioni, le proprie risorse, le proprie aspettative. È anche importante confrontarsi con le persone che ti vogliono bene e che ti possono sostenere in questo passaggio.
Come prepararsi ad andare via da casa. 8 regole
Ci sono alcune regole che possono essere applicate per crescere bambini e poi ragazzi autonomi e indipendenti. Noi ve ne abbiamo preparate 8. L’importante è che i ragazzi capiscano che crescere non significa soltanto avere l’autonomia per votare, aprirsi un conto corrente e usare liberamente i device, ma comporta anche delle responsabilità. Non degli impegni. Vediamo come fare:
- Sapere quando intervenire e quando accompagnare da lontano. L’educazione di un figlio è come un ballo dove se in un istante vi è un abbraccio, nell’istante successivo vi dev’essere libertà di movimento; intervenire al posto loro non li aiuta a crescere. Lasciatele sbagliare e ragionare;
- Fornire obiettivi realistici, complimentarsi per i successi, criticare ma in modo costruttivo, credere in lui/lei, aiutarlo-a al momento giusto, fare il tifo per lui/lei e fargli-le coltivare i suoi talenti. La critica costruttiva non può essere “hai sbagliato” e punto. Ci vuole sempre il perché e un consiglio per ripristinare l’errore;
- Insegnare i figli a prendere decisioni salutari, renderli responsabili delle faccende piccole e grandi e aiutarli a sviluppare la tolleranza alla frustrazione e l’autocontrollo per acquisire le competenze sociali necessari a vivere in mezzo agli altri;
- Evitare l’imposizione forzata delle regole, coinvolgere il bambino attraverso il gioco, l’esempio e l’imitazione. Non va bene: “lo devi fare perché l’ho detto io“.
- Rendere i figli liberi e indipendenti per esplorare e confrontarsi con nuove realtà, fornendo regole precise e sicurezza affettiva. E se sapete che andranno incontro a delle delusioni, lasciateli sbagliare. Impareranno e si rafforzeranno;
- Aiutarli a gestire le piccole spese con responsabilità; non rifiutate di assegnare la “paghetta”; sarà un modo per entrare in contatto con il valore delle cose;
- Premiarli per le azioni spontanee e corrette che fanno e stimolarli a proseguire così, per dare loro sicurezza in se stessi e consapevolezza della loro indipendenza da voi;
- Non trattarli come se fossero in albergo. Fin da piccoli devono sapere come si cucina una pasta e come si scalda il latte. E rifare il letto non è un mistero degno di un thriller ad alta tensione. Se la caveranno.