Viviamo in un mondo sempre più inclusivo e le aziende stanno partecipando a questo fenomeno di progresso. Il nuovo traguardo è la Barbie Sindrome di Down! La Mattel, l’azienda produttrice della mitica Barbie (e non solo), ha spesso aggiunto versioni più rappresentative da mettere in commercio come: la Barbie più alta, quella più bassa, un’altra in sedia a rotelle o con una protesi, la Barbie Curvy e quella non udente. Adesso un altro pezzo è stato raggiunto, ce n’era bisogno?
La prima Barbie Sindrome di Down
C’è stato un periodo in cui la Mattel è stata oggetto di molte polemiche a causa della sua Barbie. Troppo perfetta, stereotipata, colpevole di inculcare canoni di bellezza irrealistici nelle bambine. Per quanto cambiasse colore di occhi, carnagione e capelli, la bambola seguiva un modello standard: magrissima, altissima e bellissima. L’azienda, non solo ha incassato con eleganza le critiche, ma ha anche cambiato il proprio modus operandi, includendo numerose caratteristiche che hanno alterato profondamente il concetto di Barbie.
La nuova frontiera è stata raggiunta: la Mattel ha presentato la sua prima Barbie Sindrome di Down. Il progetto è in associazione con la National Down Syndrome Society (NDSS), in modo che la bambola rispettasse i parametri estetici della patologia e la rappresentasse in toto. Il risultato è una Barbie bellissima, con gli occhi leggermente più inclinati e piccoli, un sorriso largo e una forma squadrata del volto. Nessuna caricatura o elemento dispregiativo. Il modello indossa anche una collana con il simbolo delle tre punte del 21simo cromosoma.
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La necessità di una Barbie con sindrome di Down
Kandi Pickard, la presidente dell’associazione, ha detto: “Questo significa molto per la nostra comunità, che per la prima volta può giocare con una bambola che le somiglia. Questa Barbie ci ricorda che non dovremmo mai sottovalutare il potere della rappresentazione. È un enorme passo avanti per l’inclusione”. La Mattel ha controbattuto con un: “Il nostro obiettivo è consentire a tutti i bambini di vedersi in Barbie, incoraggiandoli anche a giocare con bambole che non assomigliano a loro”.
Da adesso, le bambine con la sindrome di Down potranno finalmente giocare con una bambola che ha le loro fattezze. Tutte le altre, invece, potranno cominciare fin da piccole a convivere con il concetto di diversità, un elemento fondamentale per diventare buone adulte.
La battaglia per la diversificazione
Era il 1959 quando la prima Barbie venne lanciata sul mercato: due occhi grandi azzurri, capelli lisci biondissimi, un vitino da vespa e due gambe lunghe e snelle. Per decenni milioni di bambine hanno idolatrato quel canone, spesso fino all’ossessione. Eppure, uno studio dell’Università del South Australia ha dimostrato come una sola donna su 100.000 nascesse con quelle peculiarità fisiche. In poche parole, era quasi impossibile essere una Barbie in carne e ossa!
Ed ecco il motivo per cui diverse associazioni femministe hanno iniziato una battaglia contro la Mattel, invitando l’azienda a essere più inclusiva. Tutto il resto, è storia!