Il respiro della foresta, il film documentario di Jin Huaqing
Abbiamo scelto di raccontarvi di questo film documentario che troverete al cinema (in lingua cinese con i sottotitoli) perché ciò che descrive contrasta ampiamente con il Mondo caotico e frettoloso in cui ci muoviamo. Spesso non abbiamo “tempo” nemmeno per pensare a come vestirci. Possiamo immaginare di passare le nostre giornate a meditare al freddo? E’ questo che fanno le monache del monastero buddista di Yarchen Gar, che si trova nella contea di Baiyu, in Tibet: vivono una vita di fede, devozione e carità. E da Ultimedalweb riteniamo che meritino un minuto di riflessione.
Il Monastero di Yarchen Gar
Le origini del film, dall’idea alla realizzazione
Il regista cinese Jin Huaqing si trovava nel 2014 in una valle della parte ovest della provincia di Sichuan, dove ha incontrato per la prima volta alcune monache tibetane. La comunità ospita circa diecimila anime, che si dedicano allo studio e alla preghiera, iniziate da alcuni lama. Le monache trascorrono le loro giornate presso il Monastero di Yarchen. Per il regista questo è stato l’inizio di una serie di viaggi e complicate trattative per potere accedere al tempio buddista. Non è stato facile ottenere il permesso per effettuare le riprese; poi ha dovuto farsi accettare dalla comunità e girare le scene senza disturbare le attività. Alla fine, le riprese sono iniziate nel 2017 e si sono concluse nel 2020.
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Il concetto di spiritualità del film
Spiritualità è la parola che meglio si addice al contenuto di Il respiro della foresta (titolo originale Dark Red Forest) . Il titolo corrisponde alla caratteristica cromia degli abiti monacali. Di fatto, il film non mostra scene al di fuori del contesto di devozione mistica in cui si trovano le monache. Isolate in un posto dove la natura sa essere molto aspra, le monache cercano di rispondere ai grandi quesiti dell’esistenza, nel tentativo di raggiungere lo stadio più vicino a quello divino.
Il respiro della foresta è un’esplorazione della vita delle monache che trasmette un’esperienza di fede illuminante attraverso indagini filosofiche su questioni di vita e di morte, di sofferenza e di speranza, con l’unico aiuto dei loro padri spirituali e della fede.
Senz’altro le immagini che ci trasmette Jin Huaging non presentano le monache come protagoniste di una storia, oggetto della cinepresa per catturare il pubblico; le protagoniste non sono loro individualmente, ma il loro collettivo: un corpus spirituale che obbedisce alle regole del monastero: studio, preghiera, silenzio, isolamento.
I 100 giorni più freddi dell’anno
La cinepresa racconta i 100 giorni più freddi e intensi dell’anno, quelli dell’apprendistato e della riflessione, quando il termometro scende e l’isolamento e la solitudine vengono alleviati solo dalla fede e dalla contemplazione. Nei giorni più freddi, quando le temperature sono al limite della sopportazione, le monache vanno spostate verso un ritiro all’esterno, in piccole casette di legno diligentemente montate e smontate per l’uso.
Il regista Jin Huaqing e le sue opere
Jin Huaqing, classe 1980, è un documentarista indipendente, e anche docente universitario. In passato ha affrontato altri importanti argomenti come l’ambiente o il lavoro e il ricambio generazionale. In questa occasione si presenta come un osservatore dell’animo umano e invita il pubblico alla riflessione e alla meditazione. Il suo film, privo di dialoghi che possano accompagnare lo spettatore a ragionare in uno o altro senso, esorta soltanto ad osservare per comprendere l’importanza della fede e del silenzio. Altre sue pellicole sono: Living with Shame, Blossom with Tears e The Tibetan Girl
Premio Genziana D’Oro
GENZIANA D’ORO MIGLIOR FILM DI ALPINISMO – PREMIO DEL CLUB ALPINO ITALIANO
Ed. 2022
Per approfondire:
Pagelle dei look del Festival di Cannes (guarda tutte le foto)