Il deadbot e il numero 47, che cosa c’entra?
I deadbot è quello che la Smorfia napoletana attribuisce al numero 47, che corrisponderebbe alla morte intesa come un fatto che non allontana definitivamente il defunto da noi. Secondo la numerologia, il 47 avrebbe un qualche significato trascendente; tuttavia, si può affermare che questo numero non vuole assolutamente avere relazioni con l’aldilà, ma intende piuttosto la presenza, ancora concreta, del defunto tra noi.
Il concetto di deadbot e alcuni esempi
I deadbot sono chatbot che consentono di conversare con persone morte imitando le loro risposte. Il loro sviluppo fa parte di un contesto più globale di virtualizzazione delle relazioni e sfocatura dei confini tra il mondo fisico e quello digitale. Alcuni esempi di deadbot sono:
- Project December: un servizio creato dall’informatico Jason Rohrer che usa un modello di linguaggio per la generazione di testo. Un canadese chiamato Joshua Barbeau ha usato questo servizio per creare un chatbot in grado di simulare conversazioni con la sua defunta fidanzata Jessica.
- Replika: un’applicazione che permette di creare un avatar digitale personalizzato, che può essere trasformato in un deadbot dopo la morte dell’utente. L’applicazione usa l’intelligenza artificiale per apprendere dalle conversazioni e dai dati dell’utente;
- Meeting You: un documentario sudcoreano che mostra come una madre, Jang Ji-Sung, si è riunita con sua figlia, morta 3 anni prima, grazie alla combinazione di realtà virtuale e intelligenza artificiale. Il documentario ha suscitato reazioni contrastanti tra il pubblico.
I deadbot generalmente pongono diverse sfide etiche, come il rispetto della volontà e della privacy dei defunti, l’impatto psicologico sui vivi, la responsabilità legale degli sviluppatori e la regolamentazione del settore. Alcuni paesi, come la Francia, si sono interessati a questi aspetti, ma non ha poi legiferato in merito.
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Weekend con il morto parlante con il gadget Re;memory
Da ultimedalweb scriviamo spesso dell’intelligenza artificiale, perché è un argomento affascinante, presente e si materializza sempre in mille sbocchi. Tra i suoi usi molteplici, ChatGPT può anche animare una lanterna magica, destinata ad allacciare un dialogo con un defunto che ci sta a cuore.
La possibilità di parlare con il “nostro” morto è stata creata dall’azienda coreana DeepBrain ed è l’evoluzione realistica delle sedute spiritiche. Si chiama Re;memory e non è esattamente a buon mercato, ma riesce ad avvicinare le persone (abbienti) ai propri cari defunti.
Come funziona Re;memory?
La persona che vorrà essere ricordata, che probabilmente sa di non avere ancora molto tempo, si sottopone ad una seduta di registrazione video della durata di sette ore. Nel corso della lunga ripresa video, l’intelligenza artificiale apprende modo di parlare, di gesticolare, mimica facciale e anche tono della conversazione. Una volta incamerati i dati, Re;memory clona quella persona creandone una versione virtuale con cui sarà possibile parlare attraverso una videochiamata dopo la morte.
Quanto costa parlare con l’aldilà? Certamente, non poco
L’emozione della conversazione con il proprio caro non è decisamente a buon mercato. Prima di morire, per sottoporsi alla sessione di registrazione, il “moribondo” deve sborsare tra 12 e 24 mila dollari. Poi, quando sarà passato a miglior vita, ogni seduta (videochiamata) costerà ai suoi cari 1.200 dollari. E il gadget è stato programmato per incentivare le chiamate, ovviamente. Secondo i produttori, più si faranno videochiamate e più il deadbot apprenderà; pertanto, diventerà sempre più credibile.
I profili giuridici dei nuovi modelli di I.A.
Come vediamo, nell’ultimo anno l’I.A. ha fatto passi da gigante in tutti i settori. L’Intelligenza Artificiale evolve e, con essa, sono diverse le domande che vengono poste dai vari utenti o esperti in merito alla correttezza giuridica ed etica di “trascendere” alcuni principi, come quello del rapporto tra vivi e morti.
Un anno fa la ricercatrice spagnola Sara Suarez-Gonzalo, dell’Università Oberta di Catalunya, si era posta a domanda su quanto fosse etico generare, tramite l’intelligenza artificiale, conversazioni con il proprio defunto. Si riferiva al caso che vi abbiamo riferito di Joshua Barbeau che tramite Project December parlava con la sua Jessica.
Di fatto, tenuto conto dell’evoluzione di ChatGPT, potrebbe anche accadere che il “morto” si adatti ad una nuova situazione data dai nuovi accadimenti che lui non ha conosciuto ma che sono registrati dall’A.I. A quel punto, potrebbe agire in maniera molto diversa da come lo avrebbe fatto ancora in vita. O no? Se foste voi a desiderare di rivivere ancora dei momenti assieme al vostro caro, vi piacerebbe avere un dialogo con un “fantasma” intelligente e aggiornato più di voi?