Morire di povertà nel secolo 21°

By Ana Maria Perez

Morire di povertà, ma si può?

Questa mattina sono andata nel solito bar sotto l’ufficio. Prendo sempre un caffè prima di affrontare il tram-tram quotidiano. La scusa è il caffè; in realtà voglio adocchiare il giornale locale per rimanere aggiornata. E se prendo un caffè pago 1 euro e leggo il giornale che, se ne vogliamo parlare, con l’inflazione e la crisi ora costa 1,50 euro (a volte anche €2,00). Apro le pagine del quotidiano e trovo in un posto rilevante la notizia sul clochard ucciso sabato. Ve lo ricordate? Quel senzatetto di cui vi abbiamo parlato, trovato senza vita in una galleria in centro a Udine. Si chiamava Luca Tisi. Proprio lui. Il giornalista parla di premeditazione, agguato e vendetta. Io non leggo più.

La verità è che Luca Tisi è morto come conseguenza evidente delle ferite provocate dai colpi contundenti che ha ricevuto insieme ai fendenti da arma bianca, che gli hanno provocato tagli importanti agli organi vitali. La storia di Luca ce la racconta la stampa; sappiamo che è stato ucciso. Ma davvero è morto per questo? O, piuttosto, è deceduto come conseguenza della vita “povera” che lui aveva “scelto” (dice il giornalista) o che piuttosto subiva? Cosa si nasconde dietro la morte del clochard? Certamente non una vita da nababbo. Davvero aveva scelto lui la sua valigia blu ed i cartoni che facevano da letto?

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Udine, senzatetto trovato morto con segni di violenza sul corpo, aveva 59 anni

La povertà nel secolo 21°

Anche se Luca Tisi è morto perché qualcuno lo ha ucciso, è senz’altro una vittima della povertà che in qualche maniera ha contribuito a questa fine. E non è solo Luca Tisi una vittima della strada. Ce ne sono migliaia nel nostro Paese: Senzatetto, padri divorziati, immigranti, disoccupati, malati…. Persone che incrociamo ogni giorno sulla nostra strada che potrebbero ricevere il nostro sostegno, senza nemmeno chiederlo. Possiamo aiutarli? io credo di sì.

Qual’è la soglia “tecnica” della povertà? Sulla base dei dati raccolti dalla Banca Mondiale, la povertà estrema è dettata da una soglia minima di 1,90 euro al giorno, ovvero l’importo con il quale sono costrette a vivere più di 670 milioni di persone. Secondo il Il World Data Lab la percentuale di povertà presente nei vari continenti è strutturata come di seguito:

  • Africa 32%
  • Asia 4%
  • Europa 0.3%
  • Nord America 2%
  • Sud America 7%
  • Oceania 7%

Le cause della povertà

Le cause della povertà possono essere molto varie, provocate dallo sviluppo economico di un paese e dagli eventi e i fatti che si verificano nel mondo. I conflitti, la mancanza di risorse, le catastrofi naturali sono tutti fattori che possono causare la povertà. Ad esempio, l’Ucraina, secondo Save The children è uno dei Paesi più poveri d’Europa. Di fatto due famiglie su cinque vivrebbero in condizioni di povertà estrema. E nei Paesi in via di sviluppo 1 bambino su 5 vive in povertà, anche se i paesi economicamente più avanzati non sono esenti da questa piaga che colpisce almeno un quinto delle famiglie.

Cosa fare per combattere la povertà?

Ci sono molte istituzioni e associazioni umanitarie che hanno deciso di portare avanti progetti solidali e che ogni giorno si impegnano nella loro realizzazione. Cerciamo di sostenerli e di non fare finta di non vederli quando si mettono vicino a noi. Tra essi troviamo l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, firmata dall’ONU nel 2015 con la volontà di far fronte a diverse problematiche presenti in tutto il mondo. Il programma si impone di raggiungere diciassette obiettivi entro il 2030, primo fra tutti quello di “sconfiggere la povertà nel mondo”.

All’interno di questo primo proposito sono presenti varie promesse tra cui:

  • Dimezzare il numero di poveri nel mondo;
  • Garantire beni e servizi primari e uguali opportunità di accedere alle risorse economiche a tutta la popolazione globale;
  • Fornire mezzi e risorse adeguati ad aiutare i paesi meno sviluppati o in via di sviluppo.

Tra gli altri obiettivi troviamo molte conseguenze dirette della povertà, come sconfiggere la fame, assicurare salute e servizi igienico-sanitari di qualità, fornire un adeguato livello di istruzione, dare la possibilità di avere un lavoro dignitoso.

Il “progetto Futura” che sfida le diseguaglianze

Noi vi vogliamo parlare del “Progetto Futura” , realizzato in collaborazione con Intesa Sanpaolo e co-finanziato da Save the Children Italia. Durerà due anni. Presentato oggi, 18 aprile, il progetto è stato avviato in tre territori caratterizzati da svantaggio socio-economico nelle città di Napoli, Roma e Venezia. il Progetto futura tiene conto del fatto che in Italia più di 2 milioni di bambine, bambini, ragazze e ragazzi vivono in condizioni di povertà assoluta o relativa e ci sono 870mila ragazze e giovani donne tra i 15 e i 29 anni, più di 1 su 5 (20,5%), che si ritrovano sospese nel limbo dei NEET (né studio, né formazione, né lavoro), in una proporzione maggiore rispetto agli uomini della stessa età (17,7%).

Com’è stato reso noto nella presentazione del progetto, 300 ragazze giovani, tra cui 50 mamme, saranno accompagnate in un percorso formativo e di professionalizzazione ed emancipazione che porterà loro all’accesso al mondo del lavoro e alla cura dei figli e si chiuderà nella completa autonomia.

Ci sono tante iniziative, tanti progetti che nascono per aiutare i più bisognosi, dalla giornata della raccolta alimentare alle iniziative solidali. Le persone nel nostro Paese sono anche generose. Ed esistono ovunque le mense dei poveri, le parrocchie raccolgono vestiti e beni di prima necessità per i più bisognosi. Non c’è da avere paura nel dare, né nel chiedere. Non si può morire come Luca, perché se ancora oggi, nel secolo XXI, è possibile morire di povertà, non è consentito morire d’indifferenza.

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