La segnalazione del richiamo alimentare, per rischio chimico da eccesso di cadmio, è a cura della catena di supermercati Unes.
Ad essere tolto dalla vendita è un lotto di riso per preparazioni orientali a marchio “Imperial Rice” a causa dei residui di cadmio in eccesso.
Il prodotto, confezionato in sacchetti di plastica da 5 kg, è identificato con il lotto di produzione 11/11/2023, corrispondente al Termine minimo di conservazione (tmc, ndr).
L’azienda che lo distribuisce è la Panigada T.& F. Snc.
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In via precauzionale, quindi, Unes raccomanda ai clienti di non consumare il prodotto con il lotto ed il tmc indicato e di restituirlo presso il punto vendita di acquisto.
La contaminazione da cadmio
Il cadmio non è l’unico metallo pesante che troviamo negli alimenti a cosiddetto rischio chimico per la pericolosità che il loro accumulo rappresenta per l’organismo umano nel lungo periodo. Ma è certamente tra i più pericolosi, classificato come cancerogeno e con effetti di tossicità soprattutto a livello renale (ma non solo) ed è per questo motivo che il livello di tale sostanza viene monitorato costantemente negli alimenti che, maggiormente, possono veicolare il rischio chimico di cui si sta parlando e che ha determinato il richiamo alimentare.
Dove si trova il cadmio
Non è insolito, quindi, che il riso in vendita nei nostri supermercati venga ritirato per contaminazione da cadmio.
Si tratta, infatti, di un metallo pesante che si trova nell’aria, nell’acqua e nel suolo e, in virtù di questo, può accumularsi nei vegetali e negli animali che ritroviamo, poi, nel nostro piatto.
Il risultato è che questa sostanza viene, in parte, assorbita dall’organismo, trattenuto dai reni e dal fegato, dove può rimanere per anni.
Riscontrare la presenza di questo metallo, quindi, non solo è frequente ma rappresenta un problema di sicurezza alimentare legato non soltanto al tipo di alimento, ma anche alla quantità che ne viene consumata.
Riso e spinaci i vegetali più esposti. Ma anche patate, molluschi e tutti i vegetali a foglia larga.
Gli alimenti più a rischio, perché tendono ad accumularne di più, sono cereali, vegetali a foglia larga, patate e molluschi bivalvi. Ma, in realtà, è la quantità di prodotto contaminato che consumiamo ad incidere sulla pericolosità del rischio cui siamo esposti. E la cottura di questi alimenti non incide minimamente sul rischio chimico che comporta la contaminazione da cadmio: che siano crudi o cotti, il cadmio e tutti gli altri metalli pesanti rimangono esattamente lì dove si trovavano prima della cottura.
Il problema è nell’accumulo
Insomma, è possibile che un alimento contenga alte concentrazioni di cadmio ma, se mangiato raramente, potrebbe non costituire alcun pericolo. Viceversa, un alimento con scarsa presenza del metallo pesante, ma consumato con frequenza o in dosi massicce, può costituire un serio rischio per la salute del consumatore. Ognuno di noi, poi, deve fare i conti con il proprio stile alimentare e le proprie capacità fisiologiche di detossificare l’organismo.
Secondo i regolamenti comunitari e le valutazioni dell’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare, ndr), il limite di assunzione settimanale ammesso è pari a 2,5 microgrammi di cadmio per ogni chilo di peso corporeo di colui che lo ingerisce.