Un carburante ha danneggiato e sta ancora danneggiando la salute mentale di milioni di persone nel nostro Paese.
Nel XXI secolo, la salute mentale è diventata una delle priorità assolute per governi, scienziati e organizzazioni sanitarie di tutto il mondo. Con l’aumento esponenziale dei disturbi psicologici — dall’ansia alla depressione, passando per condizioni più complesse come il disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) e le patologie della personalità — il dibattito su quali siano le cause scatenanti è diventato sempre più acceso. Tra i fattori presi in considerazione, emerge con inquietante insistenza una sostanza insospettabile, presente per decenni nella quotidianità di milioni di persone: la benzina al piombo.
Un nemico invisibile: il piombo nella benzina
Il piombo è un metallo pesante naturalmente presente nella crosta terrestre, ma estremamente tossico per l’organismo umano. La sua pericolosità è ben documentata, tanto che anche minime quantità possono avere effetti neurotossici, in particolare sui bambini. Per decenni, però, è stato utilizzato come additivo nella benzina per migliorare le prestazioni dei motori. Solo a partire dagli anni ‘80, molti Paesi hanno iniziato a eliminarlo gradualmente, ma il danno, nel frattempo, era già stato fatto.
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Uno studio condotto da ricercatori della Duke University e della Florida State University, pubblicato sul Journal of Child Psychology and Psychiatry, ha cercato di quantificare l’impatto devastante di questa esposizione ambientale sulla salute mentale della popolazione statunitense. I dati raccolti suggeriscono che ben 151 milioni di casi di disturbi psichiatricinegli Stati Uniti siano correlabili all’esposizione al piombo, soprattutto durante l’infanzia.
Uno studio che fa riflettere
Per arrivare a queste stime, i ricercatori hanno analizzato i livelli storici di piombo nel sangue dei bambini americani, confrontandoli con i periodi di maggiore utilizzo della benzina al piombo, dal 1940 al 2015. Il picco di esposizione si è avuto tra gli anni ’60 e ’70, colpendo in particolare la cosiddetta Generazione X (i nati tra il 1965 e il 1980). In quel periodo, i gas di scarico delle auto rappresentavano la principale fonte di piombo disperso nell’ambiente, e respirare aria contaminata significava, di fatto, assorbire dosi significative di questa neurotossina.
Secondo lo studio, il piombo danneggia in particolare lo sviluppo del cervello nei primi anni di vita, compromettendo le funzioni cognitive, riducendo il quoziente intellettivo e aumentando il rischio di sviluppare disturbi comportamentali e mentali. I dati parlano chiaro: chi è cresciuto durante il periodo di massimo uso del piombo ha una probabilità significativamente più alta di soffrire di disturbi come depressione, ansia, ADHD e altri problemi psicologici.
Gli effetti a lungo termine
Il professor Amit Bhattacharya, esperto in salute ambientale all’Università di Cincinnati, ha sottolineato come il piombo non si limiti a colpire il cervello, ma possa danneggiare quasi ogni parte del corpo umano, incluso il sistema cardiovascolare, renale e riproduttivo. Ma è proprio l’impatto neurologico quello che solleva maggiori preoccupazioni: nei bambini può compromettere lo sviluppo cognitivo in modo irreversibile, mentre negli adulti può contribuire al declino delle funzioni mentali, aumentando il rischio di malattie neurodegenerative come l’Alzheimer.
Una lezione per il futuro
La messa al bando della benzina al piombo è una delle più importanti conquiste in ambito ambientale e sanitario degli ultimi decenni. Tuttavia, le conseguenze di quell’epoca continuano a farsi sentire ancora oggi. Questo studio, e altri simili condotti negli ultimi anni, ci ricordano quanto le scelte politiche e industriali possano incidere in modo profondo sulla salute pubblica, anche a distanza di generazioni.
Nel contesto attuale, in cui si discute sempre più di salute mentale e benessere psicologico, non possiamo ignorare le radici ambientali e chimiche di molte delle patologie odierne. Il caso del piombo nella benzina è emblematico: ci insegna che ciò che immettiamo nell’ambiente può avere ripercussioni silenziose, ma devastanti, sul nostro cervello e sulla nostra intelligenza collettiva.