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Contratti a termine e voucher fino a 10.000 euro, precarietà o flessibilità?

La nascita dei contratti a termine e di lavoro flessibili

Da moltissimi anni sentiamo parlare dei contratti di lavoro flessibili. I primi lavori atipici risalgono al 2003, con la Legge Biagi. Successivamente le varie riforme hanno cambiato le regole. La più “rivoluzionaria” è stata il Jobs Act di Matteo Renzi. Ora il nuovo governo guidato da Giorgia Meloni ripropone la “flessibilità” che in tanti definiscono un incentivo alla precarietà. In prossimità della stagione estiva, vediamo l’utilizzo dei voucher e dei contratti a termine.

Il voucher per lavori ad ore

Sono buoni che hanno una durata oraria e servono per lavori occasionali. Il lavoratore percepisce il 75% del totale, mentre il resto si distribuisce tra contributi e assicurazioni varie. Partiti come un tentativo di coprire le spese in nero di alcune categorie (baby sitter, domestiche, braccianti stagionali.…), si sono allargati a ogni categoria professionale. La finanziaria 2023 consente l’uso alle aziende che hanno fino a 10 dipendenti a tempo indeterminato (rimangono escluse le aziende agricole ed edili). L’importo orario minimo è di €9,00, mentre €36,00 sarà la retribuzione minima giornaliera. Ogni azienda può spendere fino a €10.000,00 all’anno. Le sanzioni per chi viola la legge vanno da €500,00 a €2.500,00.

I contratti a termine fino a 1 anno

Nel 2022 si sono attivati in Italia 8,5 milioni di contratti a termine. Alla fine del 2022, oltre il 31% dei contatti a termine aveva una durata di un mese, e quasi il 50% (46%) non superava i 90 giorni. I contratti a termine non devono superare l’annualità. Dopo un anno di rinnovi l’azienda deve assumere il dipendente a tempo indeterminato. Ma l’Italia rimane uno dei Paesi europei con più contratti a termine (16,4%), decisamente sopra la media Ocse (11,8%). Secondo l’ultimo studio Censis sul welfare aziendale datato 1 marzo 2023, i contratti atipici in Italia coinvolgono almeno 5 milioni di lavoratori.

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Gli stipendi bassi italiani

L’unico Paese europeo dove gli stipendi sono diminuiti negli ultimi anni sarebbe all’apparenza l’Italia. Secondo le statistiche, chi ha un lavoro stabile riceve un salario molto più alto che chi ha un contratto atipico. Il primo riceve almeno €26.000,00 di stipendio all’anno, contro i €9.634,00 del secondo; il lavoratore stagionale ne percepisce €6.425,00. Potete vedere i dati qui. I contratti a termini e i redditi bassi portano ad un aumento delle dimissioni e al proliferarsi della precarietà.

Autore

Ana nasce in Spagna, si laurea a 22 anni in Scienze Liguistiche e della Comunicazione. Dopo un'esperienza nel Regno Unito si trasferisce a Trieste, dove vive tuttora. Ha maturato esperienza come consulente aziendale e collaborato con diverse case editrici. Ha pubblicato cinque libri ed è copyrighter e Search Quality Rater.View Author posts

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