Che fine fanno le uova di Pasqua invendute? Non la stessa fine

By Luana Pacia

Quando la Pasqua termina, porta con sé anche le uova di Pasqua invendute. Le cifre parlano chiaro, ogni anno milioni di prodotti restano sugli scaffali. Ma che fine fanno?

Sempre più uova di Pasqua invendute

Chi appartiene alla vecchia generazione, sa che nel periodo di Pasqua c’era la gara a chi collezionava più uova di cioccolato. Nelle foto analogiche i bambini posavano sorridenti e tronfi accanto a decine di uova, bottino regalato da parenti vari. Negli ultimi anni questa tendenza ha subito un’inversione, complice la maggiore attenzione al regime alimentari (specialmente nei più piccoli) e ai prezzi esorbitanti delle uova che spaventano i consumatori. In poche parole, meglio poco e di qualità.

I supermercati quindi spesso hanno ancora decine di prodotti esposti dopo le vacanze pasquali. Ma che fine fanno? Prima di tutto, se vi capita ancora di scorgere uova di cioccolato nei supermercati a maggio, non si tratta di un errore: i cristiani ortodossi non seguono il calendario cattolico, celebrano la Pasqua in giorni diversi. Nel 2025, ad esempio, coincide, ma nel 2024 hanno festeggiato quasi un mese dopo!

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uova di pasqua invendute

In linea generale, però, per capire che fine facciano le uova di Pasqua invendute dobbiamo immergerci in un mondo fatto di strategie anti-spreco, riuso creativo e solidarietà sociale. Negli ultimi anni si sono moltiplicati i comportamenti virtuosi, incentivati anche dalle politiche aziendali.

Sconti, riciclo e solidarietà

Subito dopo Pasqua, supermercati e produttori abbassano moltissimo i prezzi delle uova di cioccolato, arrivando a sconti del 50-60%, per svuotare le scorte in eccesso. Ma non tutto viene semplicemente svenduto: ciò che non trova un acquirente può essere trasformato in nuovi prodotti dolciari, una pratica diffusa sia nei laboratori artigianali che nella grande distribuzione, con vantaggi economici ed ecologici.

Un’alternativa sempre più diffusa è la donazione. Grazie alla legge 166 del 2016, meglio nota come “legge antisprechi”, le aziende possono cedere gli alimenti invenduti ad associazioni e organizzazioni non profit, sostenendo iniziative solidali e ottenendo al contempo agevolazioni fiscali.

E se il prodotto non fosse più adatto al consumo umano? In quel caso, si apre la via del compost: sia in forma domestica (autocompostaggio), sia tramite impianti di compostaggio aerobico, in grado di trasformare il cioccolato in fertilizzante naturale per la terra.

Uovo di Pasqua

I diretti interessati sono spesso le grandi aziende come Ferrero a Bauli, marchi con una vasta distribuzione che sono sempre più attenti a pianificare accuratamente la produzione per evitare surplus. Ferrero, ad esempio, afferma di aver perfezionato il proprio sistema distributivo per limitare al massimo i resi. Le uova di Pasqua invendute vengono ritirate entro maggio per poi essere trasformate in ingredienti per mangimi, sfruttando il valore nutrizionale di materie prime come zucchero, latte e nocciole, in un’ottica di economia circolare.

Anche Bauli segue una logica simile. Prima della produzione, analizza con cura le richieste del mercato per minimizzare gli sprechi. Le uova invendute, se ancora in perfette condizioni, vengono fuse e riutilizzate per l’anno successivo. Le sorprese, invece, possono essere destinate ad attività benefiche. Solo in caso di prodotti danneggiati si procede allo smaltimento.

E i supermercati?

I supermercati cercano di limitare le perdite con strategie alternative. Prendiamo ad esempio Esselunga, tendono a ritirare le uova dagli scaffali nelle due settimane successive alla Pasqua e a restituirle ai produttori, secondo accordi predefiniti. Insomma, va bene tenerli ancora un po’ in mostra, ma con l’aumento delle temperature, meglio non temporeggiare.