Una delle ultime uscite di Netflix sta riscuotendo un grande interesse: Baby Reindeer è la storia (vera) dello sceneggiatore, ovvero un ragazzo perseguitato dalla stalker e dalle sue ossessioni. Ma perché è da vedere?
Di cosa parla Baby Reindeer?
Un ragazzo sta lavorando al suo turno come barman quando vede una donna sola, in sovrappeso, dall’aria triste. Le chiede cosa vuole bere, ma lei non può permettersi nulla. “Posso offrirti una tazza di thè?”, da qui l’inferno. È questo l’inizio di Baby Reindeer (in italiano “piccola renna”), la nuova serie Netflix da vedere assolutamente.
La serie è un adattamento dell’acclamata opera teatrale di Richard Gadd, basata sulla propria esperienza personale. Sempre lui è l’attore protagonista, il cui nome nel titolo è Donny Dunn, un barman con aspirazioni da comico. Con la regia di Weronika Tofilska e Josephine Bornebusch, la serie, composta da sette episodi, è una produzione di Clerkenwell Films, con Matthew Mulot e Francesca Moody come produttori.
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La trama di “Baby Reindeer” offre uno spaccato realistico dell’ossessione stalker, stavolta dal punto di vista maschile. Ciò che nasce come un’amicizia (spesso dettata dalla pietà del protagonista) si trasforma in una relazione infernale in cui Dunn è oppresso dalle attenzioni e dalle pazzie della stalker.
Lui stesso, ragazzo fragile che nasconde una storia di abusi alle spalle, trova in questa ossessione qualcosa di confortante che non lo spinge mai a denunciarla, fino a quando non compirà il gesto solo perché spinto al limite.
Perché vedere Baby Reindeer?
Richard Gadd ha descritto il progetto come una storia di stalker diversa grazie a una narrazione unica che offre una prospettiva alternativa. Ed effettivamente è così, difficilmente le storie di stalker sono raccontante in modo così crudo e senza retorica (alcune scene sono veramente forti e fanno attorcigliare le budella).
Nella realtà, la stalker di Gadd venne denunciata dopo 3 anni, 41.071 e-mail, 350 ore di messaggi vocali, 744 tweet, 46 messaggi, quattro account Facebook falsi, 106 pagine di lettere ossessive.
C’è poi la questione gender, difficilmente la cinematografia ha parlato di stalker donne, eppure anche queste capitano nella vita reale. Spesso è la stessa polizia a minimizzare, dinamica che si vede anche nella serie televisiva. C’è spazio anche per temi forti come droga, violenza e anche uno spaccato sul suo tentativo di relazione con una donna trans. Il tutto recitato in modo magistrale, specialmente da Jessica Gunning che interpreta Martha, la donna stalker.
La serie ha ricevuto recensioni positive dalla critica. The Independent l’ha elogiata come “qualcosa di molto speciale“, sottolineando la sua profondità e il modo in cui esplora temi difficili come gli abusi e i traumi residui, pur provenendo da un contesto comico. Insomma, noi la consigliamo caldamente perché è davvero molto tempo che Netflix non produceva qualcosa di così bello, oscuro e affascinante!