Fileni, una multa davvero salata
Abbiamo visto negli ultimi tempi il “caso Chiara Ferragni“, che vede l’imprenditrice indagata per truffa aggravata, a causa di sospette pratiche commerciali (e non solo) scorrette. Ed è che la legge è (o dovrebbe) essere uguale per tutti. Stavolta, non c’è un risvolto penale nella vicenda, ma di fatto la notissima azienda di pollame “Fileni” si trova, anch’essa, nella bufera per motivi non molto diversi. Di fatto, il Codacons ha appena reso noto che l’Antitrust avrebbe elevato una sanzione salata alla nota società di Jesi a causa dei messaggi ingannevoli sul pollo “bio”. Ma cos’è successo? Ve lo raccontiamo nel nostro post.
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Il pollo “bio”: messaggi ingannevoli
L’agenzia ANSA ha pubblicato poco fa la notizia che informa i consumatori che l’Antitrust ha multato Fileni per 100 mila euro per pratiche commerciali scorrette. L’Autorità ha accolto un esposto presentato dal Codacons, che ha diffuso oggi la decisione dell’Autorità per la concorrenza
Questa è la notizia ANSA
Secondo il Codacons: “nei mesi scorsi avevamo segnalato all’Antitrust alcuni messaggi potenzialmente ingannevoli con cui Fileni presentava al pubblico la propria produzione di pollame. A seguito di tale esposto l’Autorità apriva un procedimento circa la comunicazione commerciale diffusa sul sito https://www.fileni.it, sfociato oggi in una sanzione da 100mila euro nei confronti della società per pratica commerciale scorretta”.
La produzione integralmente agricola di Fileni contestata dall’Antitrust
La pratica commerciale che è stata messa sotto la lente d’ingrandimento dell’Antitrust riguarda la sostenibilità ambientale dell’attività e le diverse dichiarazioni da parte dell’azienda in merito alla produzione agricola integrale da parte di Fileni delle materie prime usate per i mangimi biologici; inoltre, la nota azienda leader dell’industria del pollame rimarcava l’origine totalmente italiana delle materie prime per l’alimentazione degli animali.
Mentre la sostenibilità ambientale (green claims) non ha riscontrato pareri negativi, diverso è il caso della produzione agricola delle derrate usate per la produzione dei mangimi biologici e l’origine totalmente italiana delle materie prime per l’alimentazione degli animali.
Che cosa dice l’Antitrust?
Nel provvedimento dell’Antitrust acquisito dal Codacons si legge:
“Con riferimento ai due vanti utilizzati da Fileni relativi rispettivamente, l’uno, all’integrale produzione agricola (diretta o indiretta, tramite coltivatori contrattualizzati) delle derrate/materie prime utilizzate per la realizzazione dei mangimi biologici, l’altro, all’origine totalmente italiana delle derrate/materie prime utilizzate per l’alimentazione degli animali, dagli elementi acquisiti in istruttoria è emerso il loro carattere ingannevole e decettivo.
Invero, anche accedendo alla decodifica prospettata da Fileni secondo il vanto di totale “italianità” delle derrate/materie prime fosse da considerare come riferito alla produzione dei soli mangimi biologici (minoritaria rispetto ai mangimi non biologici), l’infondatezza dei predetti claim è stata riconosciuta dal Professionista per l’anno 2022. Fileni ha, infatti, ammesso:
i) l’acquisto sul mercato di parte delle derrate/materie prime in quanto quelle coltivate (direttamente o indirettamente) risultavano insufficienti a coprire il fabbisogno del proprio mangimificio biologico;
ii) che le predette derrate/materie prime non erano esclusivamente di origine italiana.
I predetti vanti, rivelatisi ingannevoli, si pongono in contrasto con l’obbligo di diligenza professionale che incombe su Fileni, specie in considerazione delle sue rilevanti dimensioni ed esperienza nel settore avicolo, nonché della sua natura di società “benefit”. Essi, inoltre, appaiono idonei ad indurre in errore il consumatore riguardo alle caratteristiche (anche in termini di sicurezza, salubrità e qualità) dei prodotti avicoli di Fileni e a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti “preso”.
Codacons: niente messaggi ingannevoli ai consumatori
I consumatori, commenta allora il Codacons, soddisfatto dalla decisione, “non possono essere destinatari di messaggi ingannevoli circa la provenienza dei mangimi con cui vengono allevati gli animali che finiscono in tavola, soprattutto se si tratta di alimenti biologici per cui i cittadini sono disposti a spendere di più in cambio di una maggiore sicurezza”.