La “pizza sospesa” snobbata in un locale di Lodi
La vicenda che vi raccontiamo oggi colpisce per la sua crudezza. Non che non capitino storie di questo tipo, ma in questo caso quello che rende il fatto clamoroso è la dimostrazione di una totale mancanza di sensibilità verso le categorie disagiate in un mondo che adatta il linguaggio per parlare (e non solo comportarsi) di inclusione. L’episodio si è verificato nel lodigiano, in un locale che ha sviluppato una bellissima iniziativa di solidarietà con una Onlus che gestisce persone disabili. Qualcuno non ha apprezzato il fatto che nel luogo pubblico ci fossero persone “diverse” e ha postato una recensione negativa e di parte. Vi raccontiamo tutto in questo post. Guardate!
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L’inclusione sociale, un termine che va protetto
ActionAid ci ricorda che la parola “inclusione” (che significa includere un elemento all’interno di un gruppo o di un insieme) in ambito sociale va adattata al contesto. E allora, che cosa è l’inclusione sociale?
In ambito sociale, inclusione significa appartenere a qualcosa, sia esso un gruppo di persone o un’istituzione, e sentirsi accolti. È quindi facile capire da cosa derivi la necessità dell’inclusione sociale: tra gli individui possono esserci delle differenze a causa delle quali una persona o un gruppo sono “esclusi” dalla società. I motivi che possono portare all’esclusione sociale sono diversi: razza, sesso, cultura, religione, disabilità.
In Europa ancora il 24% della popolazione è a rischio povertà ed esclusione sociale. Ma l’inclusione è uno (l’11°) degli obiettivi di sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030.
“La pizza sospesa”, una iniziativa solidaria
La protagonista di questa vicenda di solidarietà e nel contempo di esclusione è la pizzeria “Le Vignole” di Sant’Angelo Lodigiano, in provincia di Lodi. Dai tempi del Covid, i proprietari del locale hanno intrapreso un’iniziativa dedicata ai disabili chiamata “pizza sospesa“, per aiutare le famiglie dell’associazione “Genitori amici dei disabili” e del gruppo “Il Maggiolino“. In pratica, funziona come il famoso “caffè sospeso”, l’usanza di origine partenopea che consiste nel lasciar pagata al bar una consumazione di caffè per chi ne avesse bisogno. Anche con la pizza funziona così.
Grazie all’iniziativa, Giovanna Pedretti e suo marito Nello, che gestiscono il locale da 8 anni, sono riusciti a regalare nell’ultimo anno ai ragazzi e alle famiglie bisognose oltre 200 buoni per consumare una pizza nel loro locale.
I fatti, raccontati sui social dalla proprietaria della pizzeria
Secondo quanto racconta Giovanna, un cliente della pizzeria ha postato su Google questa recensione sul locale: “Mi hanno messo a mangiare di fianco a dei gay, non mi sono accorto subito perché sono stati composti, e un ragazzo in carrozzina che mangiava con difficoltà, mi dispiaceva ma non mi sono sentito a mio agio. Peccato perché la pizza era eccellente e il dolce ottimo, ma non andrò più“. E così, forte delle sue ragioni, l’utente di Google ha giustificando la scelta di dare solo una stellina sulle cinque che aveva a disposizione per valutare la qualità del pasto e la disponibilità dei gestori e/o personale adetto.
Marito e moglie sono andati su tutte le furie, non tanto per la recensione, quanto per la mancanza di sensibilità sociale; di fatto, nello specifico, il ragazzo disabile che mangiava vicino all’uomo indispettito aveva una storia molto delicata e stava consumando proprio una “pizza sospesa”.
La reazione di Giovanna Pedretti, un esempio d’inclusività
Ieri, giovedì 11 di gennaio, è arrivata puntuale la replica di Giovanna Pedretti sulla pagina FB del locale:
“Egregio cliente, apprezziamo il suo impegno per valutare il nostro servizio attraverso la sua recensione, nonostante questo ci tenevo a farle presente che il nostro locale è aperto a tutti e i requisiti che chiediamo ai nostri ospiti sono l’educazione e il rispetto verso ognuno. Le sue parole di disprezzo verso ospiti che, non mi sembra vi abbiano importunato, mi sembra una cattiveria gratuita e alquanto sgradevole. Ci tengo inoltre a sottolineare che non è passato inosservato il suo sguardo infastidito anche verso il ragazzino in carrozzina. A fronte di queste bassezze umane e di pessimo gusto, credo che il nostro locale non faccia per lei. Le chiediamo gentilmente di non tornare da noi“.
Raggiunta telefonicamente dal Corriere della Sera, la proprietaria di “Le Vignole” ha voluto chiarire: “non cerchiamo pubblicità o altro. Nel nostro piccolo vogliamo solo portare avanti un messaggio di solidarietà. Ed è per questo motivo che il mio commento a quella recensione è stato così deciso. Ho pensato per diverso tempo a cosa fare, se renderlo pubblico o no. Sono convinta che sia necessario avere maggiore umanità in questo mondo“.
Una storia davvero incredibile ai nostri giorni.