L’Italia si è stretta alla morte di Leone, il gatto trovato scuoiato in fin di vita ad Angri e morto poche ore dopo. Eppure non è il solo.
L’ENPA denuncia ignoti per la morte di Leone
Un piccolo gatto privato della sua pelle, ancora vivo ma sofferente. Una visione crudele per i volontari che lo hanno ritrovato e lo hanno portato in una clinica veterinaria. Ribattezzato Leone, ha lottato con la sua grinta felina, arrendendosi 4 giorni dopo.
In sua memoria, domenica si terrà una manifestazione promossa dalla Lega del Cane nel cuore di Angri. L’invito a partecipare è esteso a tutti ed è possibile che molte persone provenienti dai comuni limitrofi si uniscano all’evento. E non solo. La storia di Leone ha avuto un impatto incredibile, con una condivisione virale degli scatti postati dai volontari. Milioni di persone hanno esternato i loro sentimenti di empatia e affetto verso quel gatto sconosciuto, al pari delle condanne per un gesto crudele.
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Carla Rocchi, presidente nazionale dell’Enpa, ha espresso non solo orrore e sdegno, ma anche paura del fatto che individui capaci di tali atti rimangano liberi. La rabbia deriva anche dalla percezione che le conseguenze per chi compie simili atrocità non siano proporzionate alla gravità dei fatti. Non ce ne sono affatto! Rocchi ha dichiarato che non è solo una questione di disprezzo, ma anche di preoccupazione per la pericolosità sociale di chi commette tali reati contro gli animali. Chiede, pertanto, che chiunque abbia informazioni si faccia avanti, anche in forma anonima, sottolineando la pericolosità di chi compie atti così crudeli. Una denuncia contro ignoti è stata presentata dall’Enpa in merito a questo caso.
Leone non è il solo
È una malattia sociale quella che spinge milioni di persone a picchiare e torturare gli animali. Molto spesso vicende nascoste, altre pubbliche. Sì, perché da quello che risulta dai dati statistici, i social sono diventati megafono delle peggiori nefandezze.
Atroci atti di tortura, abusi indicibili e crudeltà di vario genere hanno raccolto un totale di 5.3 miliardi di visualizzazioni su tre diverse piattaforme nel corso del 2021. Eppure in Italia è prevista la pena massima per chi provoca la morte di un animale “per crudeltà o senza necessità” pari a due anni di reclusione, mentre per chi “cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche” si arriva a un massimo di diciotto mesi di reclusione, con pena aumentata in caso di morte.
Troppo poco per gli animalisti, l’Oipa già 3 anni fa aveva chiesto al governo un inasprimento delle pene: “Inasprire le pene servirebbe moltissimo, perché chiaramente riusciremmo ad ottenere delle condanne esemplari” – disse l’avvocato Claudia Taccani, responsabile dello sportello legale di Oipa Italia.
Ma ad oggi nulla è cambiato se non un peggioramento della sensibilità sociale che sfoga i propri istinti crudeli sui soggetti più deboli: oltre ad anziani e bambini, anche gli animali detengono questo triste primato. Speriamo che la morte di Leone serva da input affinché si concretizzi una coscienza morale in un paese ormai allo sbando.