Livelli oltre i limiti e rischi per la salute: cosa rivelano davvero i nuovi test sul riso venduto nei supermercati
Un alimento che troviamo quasi ogni giorno nei nostri piatti, spesso considerato sano, versatile e sicuro. Ma cosa succede se proprio il riso che serviamo a tavola è tra gli alimenti più contaminati da metalli pesanti come arsenico e cadmio? È quanto emerge da un nuovo test indipendente condotto negli Stati Uniti, che ha sollevato un vero allarme internazionale, coinvolgendo anche il riso Arborio coltivato in Italia.
Il test che ha fatto scattare l’allarme
L’indagine è stata realizzata da Healthy Babies, Bright Futures, una rete di esperti e ricercatori americani che si occupano della salute infantile, ed è stata condivisa in esclusiva con la CNN. Il loro team ha analizzato 145 campioni di riso acquistati nei supermercati USA, provenienti da diverse parti del mondo, inclusa l’Italia.
I risultati? Preoccupanti. Un campione su quattro ha superato i limiti di arsenico inorganico fissati nel 2021 dalla Food and Drug Administration (FDA) per i cereali destinati all’infanzia. Ma c’è un problema ancora più grande: queste soglie non si applicano al riso consumato dagli adulti, che continua a essere esente da controlli stringenti nonostante sia parte integrante della dieta quotidiana.
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Perché arsenico e cadmio fanno così paura
L’arsenico è naturalmente presente nell’ambiente, ma la sua forma inorganica – quella più presente nel riso – è tossica e cancerogena. L’esposizione nei primi anni di vita può causare danni neurologici, riduzione del QI, parto prematuro e persino aborti spontanei.
Il cadmio, anch’esso presente nei campioni analizzati, è un metallo pesante pericoloso per reni, polmoni, ossa e cervello in via di sviluppo. Anche in questo caso, l’esposizione precoce è la più rischiosa.
L’Arborio italiano tra i peggiori del test
Sì, purtroppo anche il riso Arborio coltivato in Italia è finito nella lista nera. In uno dei campioni analizzati, i livelli di metalli pesanti hanno raggiunto i 142 ppb (parti per miliardo), di cui 101 ppb erano arsenico. Una cifra che sfiora il limite massimo consentito per i cibi per l’infanzia, ma che non viola alcun limite legale per il riso comune.
Ma c’è di più: l’Arborio italiano è risultato tra i campioni con la più alta concentrazione media di cadmio, alla pari con alcune varietà di Basmati indiano.
C’è una marca sotto accusa: ecco quale riso controllare davvero
Anche se il test americano non ha reso noti i nomi delle marche coinvolte, esiste un caso documentato in Europa che merita attenzione. Si tratta di un lotto di riso Arborio prodotto in Italia da Curti S.r.l., ritirato dal mercato sloveno per contenuti di arsenico superiori ai limiti consentiti.
Il ritiro è stato segnalato dal sistema di allerta europeo RASFF (Rapid Alert System for Food and Feed) e riguarda il lotto L:P24060C25, con scadenza 27/06/2026 e codice EAN 3838900952887. Il prodotto è stato venduto in confezioni da 1 kg, soprattutto presso i supermercati Mercator.
Questo non significa che sia l’unico riso contaminato, ma è l’unico caso con dati certi disponibili. In base ai test, anche altri risi Arborio non identificati per marca presentavano livelli simili di arsenico e cadmio, motivo per cui vale davvero la pena controllare cosa si ha in dispensa, specie se si consuma spesso riso italiano per risotti.
Le varietà più contaminate (e quelle più sicure)
Il test ha evidenziato come la contaminazione dipenda dal tipo di riso e dalla zona di coltivazione. Il riso integrale e selvatico, ad esempio, trattiene più metalli pesanti perché mantiene gli strati esterni del chicco.
Tra i peggiori in classifica:
- Arborio italiano
- Riso bianco coltivato nel sud-est degli Stati Uniti
Le varietà che invece hanno mostrato livelli significativamente più bassi sono:
- Basmati dell’India
- Jasmine della Thailandia
Un risultato che invita a riflettere sulle scelte quotidiane.
La replica dell’industria non basta
La USA Rice Federation ha cercato di ridimensionare l’allarme, affermando che il riso americano è tra i più sicuri al mondo. Ma secondo Jane Houlihan, direttrice della ricerca, si tratta di una rassicurazione che non regge ai fatti: “Il riso da solo contribuisce al 17% dell’esposizione all’arsenico nella dieta americana”, spiega. “Ed è solo un alimento”.
Un rischio globale, non solo americano
Il riso è un pilastro dell’alimentazione mondiale, ma il problema non conosce confini. In alcune comunità, in particolare tra i bambini asiatici e ispanici, il riso rappresenta oltre il 50% dell’esposizione totale all’arsenico nei primi due anni di vita. Eppure, in molte famiglie non c’è ancora consapevolezza del rischio.
Questo è ciò che rende il problema ancora più urgente: non si tratta solo di dati da laboratorio, ma di un impatto reale sulla salute di milioni di persone.
Cereali alternativi: c’è speranza?
Sì, e arriva da una scelta consapevole. Lo studio ha confrontato il riso con nove cereali alternativi: farro, miglio, quinoa, avena, grano saraceno, tra gli altri. Risultato?
In media, contengono 28 volte meno arsenico del riso.
Il cadmio è leggermente più alto in alcuni casi, ma l’esposizione totale ai metalli pesanti è tre volte inferiore.
Come ridurre il rischio in casa
Cambiare radicalmente la dieta non è sempre facile, ma alcune semplici abitudini possono ridurre l’esposizione:
- Sciacquare bene il riso prima della cottura.
- Cuocerlo in molta acqua (rapporto 1:6) e scolare il liquido in eccesso.
Non è una soluzione definitiva, ma può fare la differenza, soprattutto se si consuma riso spesso o se ci sono bambini piccoli in casa.
L’importanza di una nuova normativa
Il rapporto lancia un messaggio forte: serve un aggiornamento delle leggi, affinché anche il riso destinato agli adulti venga sottoposto agli stessi controlli previsti per i prodotti per l’infanzia.
Nel frattempo, il consiglio è chiaro: variare i cereali e informarsi sulle varietà più sicure, senza rinunciare al gusto ma con maggiore consapevolezza.
Cucinare, viaggiare e scrivere: queste sono le mie grandi passioni. Dal 2012 porto avanti “Le Mille Ricette”, un progetto nato, quasi per gioco, con il fine di condividere la mia voglia di sperimentare in cucina e che oggi è diventato una vera comunità per gli amanti dei fornelli.