La storia proviene dal Napoletano, dove un collaboratore scolastico ha perpetuato abusi su studentesse di 15 anni.
La chat prova degli abusi
La Procura di Torre Annunziata ha contestato a un collaboratore scolastico di un istituto di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli, i reati di violenza sessuale e tentata violenza sessuale ai danni di due studentesse, entrambe minorenni all’epoca dei fatti. L’uomo è stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari, notificata dai carabinieri e dai finanzieri della sezione di polizia giudiziaria della Procura, a seguito delle indagini che hanno portato alla luce le gravi accuse.
Non solo, il collaboratore scolastico ha anche il divieto di comunicare con persone estranee ai conviventi. A incastrarlo sono state le confessioni delle due ragazze, non ancora quindicenni all’epoca dei fatti, ma anche le dichiarazioni degli insegnanti e una chat dell’indagato in cui parlava apertamente delle violenze.
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La vicenda ha portato molto sconcerto tra i genitori della scuola che ritenevano l’edificio un luogo sicuro e che invece era un ambiente oscuro in cui si aggirava tranquillamente un orco.
Abusi: un arresto anche in un’altra scuola
E sempre in Campania è avvenuto un altro arresto: ad Ariano Irpino, in provincia di Avellino, è stato arrestato un anziano di 76 anni con l’accusa di violenza sessuale pluriaggravata ai danni di una bambina di dieci anni. Le indagini sono partite in seguito a un post su Facebook del nonno della vittima.
La bambina è stata ascoltata in modalità protetta con l’aiuto di una psicologa, confermando in pieno le parole del nonno e gli abusi subiti.
Il coraggio della bimba e la dovizia di particolari raccontati agli agenti ha permesso di avere molte prove e indizi su cui indagare, compreso tracciati su Google Maps e screenshot. Inoltre, ha rivelato di aver raccontato l’accaduto a un’amica, alla madre e alla nuova compagna del padre. Tutti hanno confermato le parole della piccola, permettendo alle Forze dell’Ordine di individuare l’uomo, riconosciuto in foto dalla vittima.