Quanto guadagnano davvero preti, vescovi e cardinali? La nuova trasparenza voluta da Papa Francesco che ha cambiato il volto della Chiesa.
Quello che per anni è rimasto un tema quasi tabù, oggi torna al centro del dibattito: quanto guadagnano i membri della Chiesa cattolica? Dai parroci ai cardinali, passando per suore e frati, il sistema retributivo del Vaticano si è da sempre contraddistinto per discrezione e poca trasparenza. Ma qualcosa è cambiato, specialmente sotto il pontificato di Papa Francesco, che ha introdotto un processo profondo di riforma e revisione della spesa.
La spending review della Curia: il “modello Francesco”
Papa Francesco ha più volte sottolineato l’importanza della sobrietà nella vita ecclesiastica. A partire dal 2021, ha dato il via a una vera e propria spending review che ha toccato anche i vertici della gerarchia vaticana. Con un Motu Proprio, ha disposto una riduzione progressiva degli stipendi: -10% per i cardinali, -8% per i capi dicastero e -3% per sacerdoti e religiosi.
Prima di continuare, ti ricordo che è disponibile, per ricevere le notifiche delle n ultime notizie, il canale Telegram, cliccando qui oppure il canale Whatsapp, cliccando qui. Unisciti anche tu per non perdere le ultime novità. IL TUO NUMERO DI TELEFONO NON LO VEDRÀ NESSUNO!
Questa misura, adottata in seguito alla crisi causata dalla pandemia di Covid-19, mirava a ridurre il disavanzo che da anni affligge i conti della Santa Sede. Secondo il bilancio del 2023, infatti, la Santa Sede ha registrato un deficit di circa 83 milioni di euro. Nel 2024, Francesco ha poi sospeso storiche indennità – come la Gratifica per la Segreteria e l’Indennità di Ufficio – e nel 2025 ha chiesto formalmente a tutte le istituzioni vaticane di raggiungere l’obiettivo del “deficit zero”.
Accanto all’austerità, però, Papa Francesco ha introdotto anche nuove strategie di raccolta fondi e una normativa più rigida sulla trasparenza. Come ha affermato lui stesso, il processo di riforma equivale a “spolverare la Sfinge con uno spazzolino da denti”: lento, faticoso ma necessario.
Chi guadagna cosa nella Chiesa
Vediamo ora nel dettaglio quanto guadagna ogni singola figura della gerarchia ecclesiastica cattolica. Ecco, dal Papa ai frati, i compensi dopo la riforma di Papa Francesco.
Il Papa: niente stipendio, solo simbolo
Papa Francesco, al contrario del suo predecessore Benedetto XVI, ha rinunciato allo stipendio fin dal giorno della sua elezione. Papa Ratzinger percepiva circa 2.500 euro mensili, ma Francesco ha voluto segnare una rottura con il passato, scegliendo di vivere in modo sobrio. Anche se avrebbe teoricamente accesso all’Obolo di San Pietro – il fondo di donazioni che nel 2012 superava i 65 milioni di euro – non ne ha mai usufruito per uso personale.
Quanto guadagna un prete?
I parroci in Italia percepiscono uno stipendio che varia da 1.000 a 1.200 euro al mese. L’importo dipende da anzianità, responsabilità e dimensioni della parrocchia. Inoltre, un parroco può ricevere donazioni private dai fedeli, sebbene queste siano destinate più alla comunità che a un uso personale.
E i frati e le suore?
Frati e suore spesso non percepiscono uno stipendio fisso, soprattutto se vivono in ordini mendicanti come i francescani o i domenicani, che fanno voto di povertà. Tuttavia, se svolgono attività lavorative (insegnamento, assistenza sanitaria, ecc.), ricevono un compenso conforme ai contratti collettivi, che poi viene gestito dalla comunità religiosa.
Vescovi, cardinali e alti prelati
I vescovi hanno un tetto salariale fissato intorno ai 3.000 euro mensili. Gli arcivescovi e i cardinali, invece, possono arrivare a percepire tra i 4.000 e i 5.000 euro al mese, a seconda delle responsabilità e degli incarichi assunti nella Curia. Questi importi possono aumentare con offerte e indennità, anche se le nuove direttive papali hanno drasticamente limitato tali benefit.
Un modello sostenibile? Il nodo del finanziamento
Papa Francesco ha chiesto a ogni istituzione vaticana di cercare autonomamente fondi esterni per finanziare le proprie missioni. Questo approccio sta portando una trasformazione silenziosa nel modo in cui la Chiesa si relaziona al denaro, puntando su donazioni trasparenti, crowdfunding e collaborazioni con fondazioni etiche.
Ma la sfida resta aperta: garantire una gestione economica sostenibile, senza tradire i principi di solidarietà e carità cristiana. E soprattutto, mantenere quella fiducia che oggi, più che mai, passa anche attraverso la chiarezza dei conti.
Tra trasparenza e sobrietà
La riforma economica della Chiesa, fortemente voluta da Papa Francesco, segna un passaggio epocale. Non si tratta solo di tagli agli stipendi, ma di un vero cambio di paradigma: l’idea che la fede non debba essere associata al potere o al privilegio, ma alla responsabilità e alla coerenza.
In un mondo in cui la fiducia nelle istituzioni è sempre più fragile, la trasparenza economica è anche un atto di fede verso i fedeli. Un cammino lungo, certo, ma forse l’unico possibile.