La tenuta del sistema previdenziale italiano torna sotto i riflettori a seguito di un allarme lanciato dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’INPS, che stima un buco da 6,6 miliardi di euro causato dalle recenti cancellazioni di crediti contributivi.
Un effetto collaterale imprevisto delle sanatorie fiscali e dei condoni che, negli ultimi anni, hanno favorito l’eliminazione di numerosi debiti verso la pubblica amministrazione, compresi quelli previdenziali.
Le origini del problema: i condoni fiscali tra il 2018 e il 2022
La questione ruota intorno a tre provvedimenti legislativi approvati tra il 2018 e il 2022, che hanno previsto la cancellazione automatica di milioni di cartelle esattoriali, anche contenenti crediti INPS non versati:
- Decreto-legge n. 119/2018 (Governo Conte I): stralcio dei crediti fino a 1.000 euro per il periodo 2000–2010
- Decreto-legge n. 41/2021 (Governo Draghi): estensione fino a 5.000 euro per cartelle dal 2000 al 2010
- Legge di bilancio 2023 (n. 197/2022): ulteriore stralcio per importi fino a 1.000 euro relativi al periodo 2000–2015
In totale, l’INPS ha cancellato crediti per oltre 16,4 miliardi di euro, di cui 6,6 miliardi riferiti a lavoratori dipendenti.
Ed è proprio qui che nasce il problema: anche se il datore di lavoro non ha versato i contributi, il lavoratore ha comunque diritto alla pensione.
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Il principio dell’automaticità delle prestazioni
Alla base del meccanismo vi è il principio dell’automaticità delle prestazioni, sancito dall’art. 2116 del Codice Civile e recepito anche dalla giurisprudenza:
“Le prestazioni previdenziali spettano al lavoratore anche se il datore di lavoro non ha adempiuto al pagamento dei contributi, salvo il caso in cui si tratti di gestione non obbligatoria.”
In altre parole, il lavoratore non può essere penalizzato per l’inadempienza del datore. L’INPS, dunque, è obbligato a erogare le pensioni anche in assenza del versamento effettivo dei contributi.
Questo principio ha una forte valenza sociale, ma ha conseguenze dirette sulle casse dell’Istituto, che si trova a dover coprire prestazioni non più giustificate da entrate reali.
L’effetto sul bilancio dell’INPS
Nel suo ultimo rendiconto, il CIV ha evidenziato che:
- sono stati azzerati residui attivi per 16,4 miliardi
- l’effetto sul bilancio dell’INPS per il 2024 è un danno stimato in 13,7 miliardi
- il sistema pensionistico registra un disavanzo strutturale per i lavoratori dipendenti privati pari a 6,6 miliardi
Una cifra enorme, che dovrà essere coperta dallo Stato attraverso fondi pubblici, cioè dalla collettività.
In sostanza, il costo delle mancate entrate previdenziali verrà trasferito ai cittadini tramite l’incremento dei trasferimenti statali.
Una questione di equità sociale e fiscale
Il tema ha subito acceso il dibattito politico e sindacale.
Il senatore Tino Magni (Alleanza Verdi e Sinistra) ha parlato di una “socializzazione delle perdite” in favore di chi ha evaso.
Secondo il parlamentare, l’effetto delle sanatorie è che “a pagare saranno i contribuenti onesti che hanno sempre versato i propri obblighi”.
Anche la CGIL è intervenuta con una nota critica, accusando i governi che hanno promosso i condoni di alimentare una cultura della deresponsabilizzazione fiscale, con effetti pericolosi sulla sostenibilità dei servizi pubblici.
Chi paga davvero il prezzo dello stralcio
Sebbene lo scopo dichiarato dei provvedimenti fosse quello di alleggerire i carichi dell’Agenzia delle Entrate e favorire contribuenti in difficoltà, l’applicazione indiscriminata degli stralci ha incluso anche soggetti privati e aziende che non avevano versato contributi obbligatori.
In alcuni casi, si tratta di datori di lavoro che non hanno mai regolarizzato le posizioni dei dipendenti, determinando un danno doppio:
- il lavoratore rischia di trovarsi con buchi contributivi
- l’INPS deve comunque riconoscere le prestazioni, anche in assenza di copertura finanziaria
Possibili soluzioni e prospettive future
La vicenda riapre il dibattito sulla necessità di riformare il sistema dei condoni e degli stralci, introducendo criteri più selettivi e salvaguardie per la tenuta degli enti previdenziali.
Tra le proposte sul tavolo:
- limitare lo stralcio a posizioni non collegate a prestazioni previdenziali
- introdurre un fondo compensativo per l’INPS da parte dello Stato
- migliorare la tracciabilità dei contributi versati e rafforzare i controlli sui datori di lavoro
Il Governo, per ora, non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali sull’impatto del buco contributivo, ma è probabile che nei prossimi mesi emerga un confronto anche in sede parlamentare, specie in vista della legge di bilancio 2026.
Una sfida per la sostenibilità del welfare
Il caso del buco INPS è emblematico di una tensione sempre più forte tra due esigenze:
- da un lato, semplificare la burocrazia e alleggerire i debiti fiscali
- dall’altro, tutelare i diritti previdenziali e garantire la sostenibilità del welfare
Il rischio è che, nel tentativo di favorire la pace fiscale, si minino le basi stesse della solidarietà sociale, scaricando su tutti il peso di pochi.
Il buco contributivo da 6,6 miliardi rappresenta un campanello d’allarme importante per il sistema pensionistico italiano.
La gestione dei crediti e la garanzia dei diritti dei lavoratori richiedono un equilibrio delicato, che non può prescindere dalla responsabilità fiscale e dalla trasparenza normativa.
Nei prossimi mesi sarà fondamentale osservare come il Governo affronterà questa emergenza, tra esigenze di bilancio e doveri costituzionali verso i cittadini.
Nel frattempo, la fiducia nel sistema previdenziale rischia di essere messa a dura prova.
Cucinare, viaggiare e scrivere: queste sono le mie grandi passioni. Dal 2012 porto avanti “Le Mille Ricette”, un progetto nato, quasi per gioco, con il fine di condividere la mia voglia di sperimentare in cucina e che oggi è diventato una vera comunità per gli amanti dei fornelli.