La legge ugandese contro le comunità Lgbtq+
Mentre in Italia l’atteggiamento dell’esecutivo in materia di famiglia suscita accese polemiche, in Uganda con 387 voti su 389 è passata la legge che prevede l‘ergastolo e la pena di morte per le persone omosessuali. Non appena il presidente Yoveri Museveni firmerà il provvedimento, partirà la caccia alle streghe. Il Parlamento aveva già analizzato una legge simile nel 2014, ma la Corte Costituzionale decretò un vizio di forma e bloccò l’emanazione. Questa volta dovrebbe andare in porto perché Museveni si è sempre schierato contro i diritti degli omosessuali e non dovrebbe opporsi alla firma.
Da 20 anni di galera alla pena capitale
L’obiettivo della legge in Uganda sarebbe quello di “proteggere i valori tradizionali della famiglia“, come accade in almeno altri 30 stati africani. Un pò più tolleranti, tuttavia. Perché la legge ugandese, a differenza di altri Paesi, punisce pesantemente coloro che si dichiarano Lgbtq+ e anche le loro famiglie e conoscenti, che dovrebbero denunciarli. Essere omosessuale equivale a scontare 20 anni di carcere. Ancora più pesante è la condanna per chi intrattiene rapporti sessuali con minorenni o persone malate di Aids. In tale caso si rischia la pena di morte.
La reazione all’approvazione del provvedimento
Il segretario di stato USA, Antony Blinken ha invitato il governo dell’Uganda a non approvare la legge, poiché “violerebbe i diritti fondamentali di tutti gli ugandesi“. L’America conta di fare ragionare il suo alleato storico, il paese più giovane del mondo, con una popolazione che ha in media 16 anni. Le organizzazioni internazionali, da Amnesty International a Human Rights Watch hanno condannato severamente il provvedimento. Panafrica ILGA (African region of the International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association), più nota come “PAI“, ha pubblicato su twitter oggi un messaggio che contiene tutto lo sdegno che prova per l’adozione della Legge.
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La reazione del singolo individuo
Kasha Jacqueline Nabasegera, nota attivista ugandese ha dichiarato di essere orgogliosa della sua nazionalità e ha ribadito che non lascerà l’Uganda anche se dovesse marcire in carcere. In un tweet ha detto che “la battaglia contro questa legge comincia ora“.
Molte persone avevano già denunciato a diverse ong di essere state vittime di violenze solo perché omosessuali.