ร giunto il momento di svelare finalmente cosa mangiavano i nostri antenati preistorici. Grazie a una sensazionale scoperta riguardo al tartaro dentario possiamo sederci a tavola con loro. Scopriamo di cosa si cibavano.
Lo studio sul tartaro dentale
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Nel lontano passato, nel Sudan orientale, si nascondono preziose informazioni sull’alimentazione dei nostri antenati neolitici. Grazie al tartaro dentale, un residuo biologico risalente a circa 6000 anni fa, si apre una finestra sul loro modo di mangiare. Uno studio recente, pubblicato su “Scientific Reports” da un team di esperti delle universitร di Padova, “La Sapienza” di Roma, “L’Orientale” di Napoli, Coimbra e il Museo delle Civiltร di Roma, rivela dettagli sulle diete dei popoli che hanno abitato questa regione tra il IV e il II millennio a.C.
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Nel fascinoso scavo intellettuale pubblicato su “Scientific Reports”, una squadra di ricercatori provenienti dalle universitร di Padova, “La Sapienza” di Roma, “L’Orientale” di Napoli, Coimbra e il Museo delle Civiltร di Roma si รจ immersa nell’analisi del tartaro dentale, svelando dettagli preziosi sulle abitudini alimentari dei nostri antichi predecessori nel Sudan orientale durante l’era neolitica.
Il tartaro dentale, un deposito resistente alle modifiche post-deposizionali e alimentato dalla mancanza di pratiche igieniche del passato, si รจ rivelato una miniera di informazioni. All’interno di questo deposito naturale, si sono conservati frammenti di piante, fibre, pollini, batteri e altri residui, che oggi, grazie all’analisi avanzata, ci permettono di dipingere un quadro vivido della vita quotidiana di queste antiche popolazioni.
Esaminando il tartaro trovato sui denti umani risalenti al periodo tra il IV e il II millennio a.C., provenienti da siti archeologici nel Sudan orientale, i ricercatori hanno affinato la nostra comprensione dello sfruttamento delle risorse vegetali durante il Neolitico in questa regione affascinante.
Giusy Capasso, la prima autrice dello studio e dottoranda al dipartimento dei Beni culturali dell’universitร degli Studi di Padova, spiega che fino a poco tempo fa, l’idea predominante era che l’economia nel Sudan orientale durante il Neolitico si basasse principalmente sulla pastorizia, ma non c’erano prove dirette sul ruolo delle risorse vegetali. Tuttavia, la ricerca ha rivelato che cereali, legumi e tuberi facevano parte essenziale della dieta umana in questa regione durante il Neolitico, e ha identificato anche le tecniche di preparazione come la macinazione e la cottura, fornendo preziose nuove conoscenze sulle abitudini alimentari delle antiche comunitร .
Emanuela Cristiani, docente di Archeologia preistorica presso “La Sapienza” di Roma, afferma che lo studio ha anche permesso di comprendere meglio le strategie di adattamento delle comunitร umane alle variazioni climatiche e ambientali nel corso del tempo. Con l’inaridimento del clima a partire dal II millennio a.C., sorgho e tuberi sono diventati gli elementi principali della dieta, grazie alla loro resistenza alle condizioni aride.
Si tratta solo dell’inizio
Questo studio fa parte delle ricerche condotte dalla IAEES – Italian Archaeological Expedition to the Eastern Sudan – dell’Universitร “L’Orientale” di Napoli e dell’ISMEO – Istituto Italiano per il Medio ed Estremo Oriente. Dal 2010, la missione, guidata dal Professor Andrea Manzo del dipartimento Asia, Africa e Mediterraneo dell’Universitร di Napoli, ha portato alla luce numerosi siti archeologici nel Sudan orientale, contribuendo significativamente alla nostra comprensione della preistoria della regione.
Le analisi sono state condotte nel laboratorio DANTE per lo studio della Dieta e Tecnologia Antica presso il dipartimento di Scienze odontostomatologiche e maxillo facciali dell’Universitร “La Sapienza” di Roma, sotto la guida della Professoressa Emanuela Cristiani, responsabile scientifico del Progetto ERC Starting Grant “HIDDEN FOODS: Plant foods in Palaeolithic and Mesolithic societies of SE Europe and Italy”, che mira a ricostruire la dieta e la tecnologia dei cacciatori-raccoglitori antichi attraverso l’integrazione di diverse evidenze antropologiche e culturali.