Rider, sempre più aggressioni, a Milano picchiato per 3,77 euro

By Ana Maria Perez

Rider, sempre più aggressioni

Il rider è un lavoratore che effettua consegne a domicilio, fondamentalmente di cibo, spostandosi prevalentemente con cicli o motocicli, solitamente per conto di piattaforme on line e applicativi web di consegna. E’ una categoria atipica perché non è tutelata in alcuna maniera dalla Legge. Solitamente i rider lavorano con partita iva o a chiamata, cioè, sono “assunti” con contratti atipici, vale a dire, precari. Il lavoro del rider è quello di consegnare un’ordine effettuato (e pagato) da un cliente su una piattaforma dov’è registrato. Solitamente il compenso è una percentuale del valore dell’ordine.

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Un tipico rider

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Picchiato a Milano perché non effettua la consegna al piano

In questo caso vi raccontiamo l’avventura di Giuseppe di Maggio, 45 anni, che ha voluto far sapere a mezzo stampa l’episodio che gli è accaduto a Milano, quando stava consegnando un’ordine che gli ha fruttato 3,77 euro. Il rider lavora per la nota catena Deliveroo dal 2018 e in questi anni gli è già capitato di essere stato aggredito, ma solo verbalmente, mentre in questa occasione è stato vittima di violenza fisica.

Di Maggio aveva ricevuto l’ordine di effettuare una consegna di 21 articoli ordinati al Carrefour di Piazzale Siena; gli articoli dovevano essere portati in Largo Cavalieri di Malta. Prese le buste, il rider ha pedalato fino alla destinazione. Arrivato sul posto, ha citofonato e parlato con una persona (voce femminile) che gli ha chiesto di consegnare al piano. Lui si è rifiutato perché non è previsto dalla piattaforma e aveva fretta. Mentre stava lasciando la consegna in androne, è sceso un uomo (presunto fidanzato della donna al citofono) e lo ha colpito, insultandolo pesantemente. Dopo qualche tentennamento, il 45enne è riuscito a scappare, montando in sella alla sua bici.

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Nessun diritto alla denuncia a causa della privacy

Il rider aveva contattato nel frattempo l’assistenza di Deliveroo, che lo aveva rassicurato, garantendogli che avrebbero segnato la consegna come effettuata. Nel tentativo di farsi dare i dati del cliente per denunciarlo, la piattaforma ha risposto picche: non è consentito dalla normativa sulla Privacy! Allora, Di Maggio ha deciso di rivolgersi alla stampa per denunciare l’accaduto.

L’uomo è iscritto al sindacato Uiltucs, che conduce in prima persona battaglie a favore dei rider. A febbraio la Corte d’Appello di Milano ha riconosciuto, dopo il primo grado di giudizio, la natura subordinata di tale lavoro, che, all’apparenza, di autonomo non avrebbe nulla.

Il procuratore capo di Milano, Francesco Greco aveva portato in aula una maxi indagine che ha provocato sanzioni per 733 milioni di euro alle principali aziende di delivery che operano in Italia. I contratti dei rider dovranno essere rivisti se in terzo grado si confermerà la sentenza: da lavoratori autonomi dovranno passare allo status di parasubordinati, cioè co.co.co, con contratto di lavoro coordinato e continuativo. In 60.000 dovranno essere assunti. Non più pagamento a cottimo, poiché è vietato, ma un contratto fisso, che prevede l’obbligo di visite mediche, formazione e fornitura di attrezzature adeguate.

Le società indagate e il caso di Uber Eats

Le indagini partite da Milano si sono estese su tutto lo stivale e coinvolgono le note aziende Just Eat, Glovo Foodinho,  Uber Eats  e Deliveroo.

Su Uber Eats, inoltre, è stato aperto un fascicolo per “verificare se ci sia una stabile organizzazione occulta” che nasconde al Fisco italiano gli introiti della grande società di delivery. Per la cronaca, ricordiamo che nella primavera scorsa era partito il commissariato di Uber Italy, filiale italiana, per caporalato. Il Tribunale sezione autonoma misure di prevenzione, guidato da Fabio Roja, aveva disposto l’amministrazione straordinaria, dopo che il pm Paolo Storari aveva scoperto che alcune ditte di intermediazione pagavano i fattorini meno di 3 euro a consegna con la compiacenza di una dirigente di Uber.

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Paolo Storari

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