Nei Pronto Soccorso italiani si praticano circa 20 milioni di visite ogni anno, ma è un ambiente tutt’altro che sereno, come ci si aspetterebbe da un luogo di cura, pur se dai ritmi convulsi e alle prese con l’emergenza continua.
In realtà, i sanitari dell’urgenza e dell’emergenza lamentano problemi che, non solo, non si risolvono ma che attanagliano il servizio a scapito di pazienti ed operatori sanitari e rischiano di diventare cronici.
800 mila “pazienti di nessuno”.
A cominciare dai circa 800.000 i cosiddetti “pazienti di nessuno”, quelli che attendono almeno due giorni, accampati sulle lettighe nei corridoi, prima di ricevere le cure necessarie e dei 18 mila anziani che muoiono in barella in attesa di un posto letto.
Questo il grido di allarme lanciato dalla Società Italiana della Medicina dell’Emergenza e Urgenza (Simeu), consegnando una puntuale denuncia al ministro della Salute Orazio Schillaci nel corso di una clamorosa protesta che si è svolta nei mesi scorsi.
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La protesta della medicina di urgenza a fine novembre.
“Medici e infermieri senza respiro” e “Serve ossigeno per il pronto soccorso” erano solo alcuni dei cartelli esposti dai sanitari della medicina di urgenza, di emergenza e del 118 riuniti davanti al Ministero della Salute a fine novembre. Le settimane sono passate e la protesta si è conclusa.
Ma i pazienti di nessuno e i problemi dei Pronto Soccorso sono rimasti tutti lì, esattamente dove li abbiamo lasciati alla fine di novembre.
Anzi, se è possibile il quadro è sempre più preoccupante. “Mancano almeno 5000 medici, in pratica 3 su 10 e i tempi di attesa per il ricovero, in molte regioni, superano i 3 giorni.– dichiara il presidente della Simeu, Fabio De Iaco – Mettiamo la toppa ai problemi della sanità e facciamo le veci di quello che non funziona nella medicina del territorio e nei reparti –.La Medicina dell’emergenza-urgenza interviene negli istanti in cui si gioca la vita e la morte delle persone. Ma siamo in un periodo di grandissima sofferenza”. E continua “Basti pensare che in Pronto soccorso vengono curate ogni anno 800.000 persone per almeno 2 giorni (ma con punte di 5 e 6 giorni): sono quelli che chiamiamo ‘i pazienti i nessuno’, non trovano assistenza in un ricovero ospedaliero e nemmeno sul territorio”.
De Iaco, “Ci sono veri e propri reparti fantasma”.
Parla chiaro De Iaco, che dirige la struttura di Medicina emergenza urgenza dell’ospedale Maria Vittoria di Torino:“Oltre a questo, ogni anno, 2,8 milioni di persone passano dal pronto soccorso prima del ricovero e attendono in media 14 ore, un tempo enorme rispetto a quello di 6 ore previsto dalle linee guida e soprattutto che varia molto, superando spesso le 36 ore di attesa”. “All’interno dei pronto soccorso ci sono interi ‘reparti fantasma’ di medicina”, conclude.
E la conseguenza sono migliaia pazienti che muoiono in attesa di ricovero. “Ogni anno ne contiamo circa 18.000 – prosegue De Iaco – che hanno aspettato almeno 24 ore in barella. In genere sono anziani malati cronici, che non trovano un letto in reparto dove poter morire con i propri cari accanto”.
Ministro disponibile ma, ancora, nessun provvedimento.
Si era mostrato disponibile ad intervenire in favore delle richieste dei sanitari il ministro della Salute Schillaci: “Questi medici sono cruciali per il Servizio Sanitario Nazionale. Il contatto stabilito – aveva precisato – serve a creare una programmazione idonea per cercare di risolvere rapidamente i tanti problemi che affliggono questi lavoratori”. Ma sono passati mesi e la situazione non migliora.
Una delle richieste imprescindibili dei medici dei Pronto Soccorso continua a risuonare: “La necessità di un’iniezione di risorse organiche, con la possibilità di impiegare gli specializzandi non è più dilazionabile” – ha precisato De Iaco.
Lavoro usurante nei Pronto Soccorso.
“I Pronto soccorso sono il biglietto da visita di un ospedale” aveva commentato Giovanni Migliore, presidente della Fiaso (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere). “E’ quindi fondamentale – concludeva – adottare provvedimenti per far fronte alla carenza di personale, anche con incentivi economici e il riconoscimento dello status di lavoro usurante”.
E di lavoro usurante è proprio il caso di parlare: le aggressioni al personale medico ed infermieristico negli ambulatori dei Pronto Soccorso sono, praticamente all’ordine del giorno.
L’ultimo episodio a Lodi.
Recentemente è accaduto a Lodi, dove i soli danni causati da un paziente, in preda ad un raptus, ammonterebbero a circa 50 mila euro. E dove guai peggiori sono stati scongiurati proprio dai medici e dagli infermieri in servizio in quel momento che, intervenuti, hanno evitato che ci fossero conseguenze anche per le persone, aiutati dall’intervento delle forze di polizia, chiamate ad intervenire.
“Il momento storico è delicato! Bisogna ricostruire valore nel tessuto sociale, rimettere in campo le forze positive che costituiscono il bene comune e fare educazione” – ha dichiarato Stefano Paglia, Direttore del reparto di Emergenza e Urgenza dell’ospedale di Lodi e Consigliere Nazionale Simeu, intervistato da Rai News 24 – I Pronto Soccorso sono abituati a rispondere sempre, le persone che ci lavorano hanno chiaro il loro mandato ma è necessario costruire alleanze sui valori che rappresentano”.
Come il Far West.
Magari, però, ripristinare il presidio fisso della polizia, potrebbe già essere di aiuto. A Lodi come ovunque.
Andrà tutto bene, scrivevamo sui muri e ci raccontavamo ai tempi del lockdown.
Ma qualcosa deve essere andato storto perché, di certo, tutto bene proprio non va, se si contano 800.000 pazienti di nessuno e un Pronto Soccorso può diventare il Far West.