Ieri, 5 marzo, era il centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo ha ricordato, in un lungo discorso.
“Pier Paolo Pasolini ha impresso un segno importante nella cultura italiana e la sua lezione continua a parlarci con il linguaggio affilato dei suoi scritti e delle sue immagini, con l’assoluta originalità delle sue visioni, con quell’attenzione alle marginalità – cifra distintiva della sua opera – che in lui esprimeva un desiderio di pienezza umana – diceil Capo dello Stato -. Ricordarlo a cento anni dalla nascita, con il ricco programma di iniziative predisposte, ci pone di fronte a un patrimonio di intuizioni e valori che ancora possono aiutarci nel confronto con la modernità, suo rovello, oltre che bersaglio del suo pensiero critico”.
“Pasolini aveva le sue radici nel Novecento – ha aggiunto Mattarella -. In quel dopoguerra, in cui si è affermata l’idea di uguaglianza sostanziale, unitamente a quelle di libertà e democrazia. Gli è appartenuta la dimensione dell’impegno civile dell’intellettuale, a servizio della società. È stato un uomo di cultura poliedrico. Pochi, come Pasolini, si sono conquistati spazi così rilevanti nella letteratura, nel cinema, nel teatro, nella saggistica, nel giornalismo. La poesia è stata forse il tratto espressivo che più lo ha distinto”.
“Il linguaggio e le idee di Pasolini, così come l’intera sua vita, hanno continuamente messo alla prova convenzioni consolidate, provocando polemiche che non di rado gli sono costate emarginazioni ed esclusioni. La sua voce, che voleva mettere in guardia sulle ambivalenze del progresso e della contemporaneità, che intendeva segnalare i possibili impoverimenti per l’umanità, travestiti da maggiori ricchezze, rappresenta tuttora una testimonianza su cui riflettere ” ha poi detto in conclusione il presidente della repubblica
La vita e la morte violenta
Nato a Quartiere Santo Stefano, in provincia di Bologna, il 5 marzo del 1922, Pasolini era cresciuto in una famiglia di conservatori. Il padre, Carlo Alberto Pasolini, era un soldato italiano che suo figlio chiamava “un grande nemico”.
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L’amore di Pasolini per l’arte e la scrittura iniziò presto: ad appena 7 anni iniziò a scriverre le sue prime poesie, e studiò lettere all’Università di Bologna.
Da lì in poi, la sua carriera fu ricca e variopinta. Scrittore (se lo era persino fatto scrivere sul passaporto), poeta, sceneggiatore, doppiatore. L’arte fu una parte integrante ed inscindibile della vita di Pasolini.
Una vita, tuttavia, che fu travagliata e violenta: non a caso Pier Paolo morì in un agguato.
La notte del 2 novembre 1975, all’età di 53 anni, fu assassinato venendo travolto dalla sua stessa auto, sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia.
Il suo cadavere venne trovato da una passante intorno alle 6:30 del mattino, e sarà l’amico Ninetto Davoli a effettuare il riconoscimento.
Per l’omicidio venne incolpato il 17enne Giuseppe Peloso. noto alla polizia come ladro di auto.
Pelosi confessò che dopo una cena offertagli dallo scrittore, i due si erano diretti in periferia, lì scaturì un litigio a seguiti di un tentato approccio sessuale dello scrittore, e così la lite degenerò in una esclation che portò prima Pasolini a minacciare il giovane con un bastone, poi nella reazione di Pelosi che sarebbe salito sull’auto del regista lo avrebbbe travolto.
Pelosi venne condannato in primo grado per omicidio volontario, in concorso con ignoti, il 4 dicembre del 1976. Tuttavia, la Corte d’Appello, riformerà questa sentenza , escludendo che Pelosi fosse stato aiutato da terzi.
L’ipotesi del complotto
Tuttavia, intorno alla morte di Pasolini si sono da sempre aggirati spettri ed ombre che hanno portato con sè diversi sospetti circa la veridicità delle dichiarazioni del giovane.
Un giornalista de L’Europeo ebbe di fatti dei colloqui con un ragazzo che aveva ammesso di aver fatto parte del gruppo che aveva massacrato lo scrittore.
Ma il giovane, prima propenso a una collaborazione, avrebbe poi ritrattato, rifiutandosi di fornire ulteriori informazioni.
Inoltre, molti abitanti delle case adiacenti al luogo del delitto, riferirono a stampa ed inquirenti di aver sentito la presenza di non due, ma molte più persone quella sera dell’omicidio: questo a testimonianza del fatto che dunque Pelosi non ha potuto fare tutto da solo.