Un organo invecchia prima degli altri?
In questo post vi raccontiamo una scoperta in ambito medico dell’Università di Stanford che è stata diffusa dopo che i risultati della ricerca compiuta su 5.600 persone sono stati pubblicati sulla rivista ad alto impact factor Nature il 6 di dicembre. I risultati sono clamorosi perché individuano in alcuni test la possibile soluzione per scoprire quale dei nostri organi (su 11) invecchia più rapidamente degli altri. Questo fenomeno su presenta in circa il 20% degli over 50. Vi raccontiamo tutto in questo post. Guardate!
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Lo studio degli scienziati americani
Gli studi sugli animali hanno dimostrato che il processo di invecchiamento varia non solo da individuo a individuo, ma anche tra gli organi di un unico individuo. Tony Wyss-Coray e i suoi colleghi dell’Università di Stanford rivelano che questa differenza di invecchiamento vale anche per gli esseri umani. I ricercatori hanno valutato i livelli di proteine plasmatiche del sangue umano provenienti da 11 organi per misurare le differenze dell’invecchiamento di un organo specifico in 5.676 adulti.
La ricerca ha dimostrato che che quasi un quinto delle persone mostrava un invecchiamento fortemente accelerato in un organo e l’1,7% mostrava un invecchiamento in più organi. Il team di ricercatori indica come le proteine del sangue offrano un modo immediato per rilevare gli effetti dell’invecchiamento negli organi; pertanto, i test potrebbero aiutare a monitorare la salute e le malattie.
Il cambiamento biochimico del corpo umano
Man mano che le persone invecchiano, le loro cellule subiscono una serie di cambiamenti biochimici che portano al danno degli organi e, infine, alla morte. La nuova scoperta è che questi cambiamenti non sono uniformi: gli organi di un individuo possono invecchiare a ritmi diversi, e un dato organo può invecchiare a un ritmo più veloce in una persona che in un’altra con la stessa età cronologica.
I test sulle proteine legate all’età degli organi potrebbero aiutare i ricercatori a sviluppare trattamenti per problemi di salute legati all’età e potrebbero anche creare piani di trattamento personalizzati, secondo Hamilton Oh, biologo presso l’Università di Stanford in California e coautore dello studio.
La ricerca, svolta anche con l’aiuto di un particolare algoritmo
Per esplorare come invecchiano gli organi, Oh e i suoi colleghi hanno prima analizzato quasi 5.000 proteine nei campioni di sangue di 1.398 adulti sani. Hanno identificato circa 850 proteine che hanno origine principalmente da un singolo organo e hanno addestrato un algoritmo di apprendimento automatico per prevedere l’età di una persona sulla base dei livelli di queste proteine. Hanno convalidato il loro modello utilizzando campioni di sangue di oltre 4.000 ulteriori persone.
I risultati hanno mostrato che l’età biologica di un organo è legata al rischio di malattia. Ad esempio, circa il 2% dei partecipanti aveva un invecchiamento cardiaco accelerato, ovvero i loro livelli di proteine nel sangue legate all’invecchiamento cardiaco differivano sostanzialmente da quelli di altre persone della stessa età. Avere un cuore prematuramente vecchio si è dimostrato collegato a un aumento del rischio di insufficienza cardiaca del 250%.
I risultati sui singoli organi
Gli autori hanno studiato 11 organi principali e riferiscono che tutti possono essere soggetti a un invecchiamento “accelerato”, definito dai livelli di alcune proteine nel sangue. Lo studio ha rilevato che tali organi iperinvecchiati sono collegati a una maggiore prevalenza di malattie; avere un organo di età insolitamente avanzata è collegato a un rischio più elevato di morte prematura.
Per ciascuno degli 11 organi, è stata stimata la differenza tra l’età effettiva e quella indicata dai marcatori biologici: ad eccezione dell’intestino, più la differenza è elevata, e più aumenta il rischio futuro di decesso, con una percentuale compresa tra il 15% ed il 50%, in funzione dell’organo analizzato. Per fare qualche esempio pratico, un cuore più ’ipervecchio’ porta ad una probabilità maggiore di sviluppare fibrillazione atriale e infarto, mentre se si tratta dei reni, il soggetto è a rischio di ipertensione e diabete. L’Alzheimer, invece, risulta associato non solo all’età del cervello, ma anche a quella del sistema vascolare.
L’opinione degli esperti
Maria Luisa Malosio, ricercatrice all’Istituto di Neuroscienze del Consiglio Nazionale delle Ricerche ha dichiarato, in merito a questa pubblicazione tanto innovativa: “In Italia facciamo ancora fatica a ragionare in termini di prevenzione, ma è una cosa di cui abbiamo assolutamente bisogno: l’aspettativa di vita aumenta sempre più, ma noi dobbiamo cercare di far aumentare quella in buona salute“.
Secondo la ricercatrice, “sarebbe interessante analizzare sotto questo aspetto le popolazioni di centenari che abbiamo nel nostro Paese, per capire le differenze rispetto ad altre popolazioni“.
Matt Kaeberlein, specialista in biologia dell’invecchiamento e amministratore delegato di Optispan, una società di biotecnologia con sede a Seattle, Washington, ha affermato che determinare le cause dell’invecchiamento degli organi è molto importante, ma richiede tempo.
Nel frattempo, con ulteriori ricerche, questi biomarcatori proteici potrebbero “aiutare le persone indirizzandole a cambiare il proprio stile di vita o ad assumere qualche integratore”, ha dichiarato. Anche se sul mercato si trovano già diversi test che utilizzano biomarcatori per valutare l’invecchiamento, Kaeberlein mette in guardia dal fare affidamento su di essi. L’idea di avere un modo non invasivo per prevedere la salute degli organi a partire dalle analisi del sangue è certo fantastico, ma “non abbiamo ancora la certezza che questi “orologi biomarcatori” siano precisi“.