Nucleare in Italia, che cosa succede nel mondo, i dati 2023
In Italia, il dibattito sul nucleare è tornato a essere centrale, e non solo come produzione nazionale ma anche come parte di una strategia energetica globale. Al 24 dicembre 2023, ci sono 437 reattori nucleari operativi nel mondo, con una potenza complessiva di 391,398 GW, distribuiti in 32 paesi su quattro continenti. Attualmente, sono in costruzione 58 nuovi reattori, per una potenza di 60,207 GW, in 17 nazioni, tra cui Bangladesh, Egitto e Turchia, che non hanno ancora produzione nucleare.
Nel 2008, il nucleare rappresentava il 13,5% della produzione elettrica globale, con percentuali più alte in Europa e nei paesi OCSE. Le previsioni per il 2050 indicano un notevole incremento della potenza nucleare mondiale, stimata tra 590 e 1415 GW, e una possibile crescita della produzione fino a oltre 10.000 TWh. La quota nucleare nella produzione globale di elettricità potrebbe raggiungere il 24% entro il 2050.
Dal Summit europeo di marzo, le parole di Ursula Vor Den Leyen
Il 21 marzo 2024, a Bruxelles, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha sottolineato l’importanza del nucleare nella transizione verso una società a emissioni nette zero. Durante il Summit sull’energia nucleare, ha affermato che, entro il 2050, il nucleare, combinato con le energie rinnovabili, sarà cruciale per il mix energetico dell’UE. Von der Leyen ha evidenziato l’importanza dell’innovazione, come i piccoli reattori modulari, e ha esortato a considerare l’estensione della vita delle centrali nucleari esistenti. Tuttavia, ha avvertito che il successo del nucleare dipende dalla capacità dell’industria di rispettare costi e tempi previsti.
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Si ritorna a parlare di nucleare in Italia: vediamo le ultime novità
Il nucleare in Italia è tornato al centro del dibattito politico ed economico, con il governo italiano che sembra intenzionato a rilanciare la produzione di energia atomica dopo oltre tre decenni dall’abbandono del settore. Secondo quanto riportato da Bloomberg, l’esecutivo sta valutando la creazione di una nuova società dedicata alla costruzione di impianti nucleari di ultima generazione, con l’obiettivo di integrare il mix energetico del paese e garantire maggiore sicurezza e indipendenza energetica.
La reintroduzione del nucleare in Italia, sostenuta da esponenti di rilievo come il ministro dell’Energia Gilberto Pichetto Fratin e il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, prevede l’adozione di reattori modulari avanzati, sia nel breve termine con gli Small Modular Reactors (SMR) che nel lungo periodo con gli Advanced Modular Reactors (AMR). Questi impianti, caratterizzati da maggiore sicurezza ed efficienza rispetto alle tecnologie passate, potrebbero coprire circa il 10% della domanda elettrica nazionale entro il 2050, generando un impatto economico superiore ai 50 miliardi di euro e creando fino a 117.000 posti di lavoro.
Altri numeri
Il ritorno al nucleare rappresenta una significativa opportunità per il sistema industriale italiano, che può contare su una solida filiera produttiva e competenze avanzate nel settore. Nel 2022, il valore generato dalle aziende italiane specializzate in ambito nucleare ha raggiunto i 457 milioni di euro, con 2.800 occupati. Inoltre, il paese vanta una posizione di rilievo a livello globale per l’export di componenti nucleari, confermando la capacità di essere protagonista in questo settore strategico. Il nucleare in Italia, quindi, non è solo una risposta alla crisi energetica e alle sfide della decarbonizzazione, ma anche un’occasione per rilanciare l’economia e l’occupazione del paese.
Il no al nucleare tra pause di riflessione e referendum
Il programma nucleare italiano nacque nel 1946 con la fondazione del Centro Informazioni Studi ed Esperienze (CISE) a Milano, coinvolgendo figure come Mario Silvestri e Giorgio Salvini e grandi aziende italiane. Tuttavia, gli Stati Uniti limitarono l’accesso alle tecnologie nucleari per l’Italia, influenzando la politica energetica del paese verso il petrolio. Nonostante queste difficoltà, l’Italia realizzò tre centrali nucleari negli anni ’60, divenendo il terzo produttore mondiale. Con la crisi petrolifera del 1973, si sviluppò un piano per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili tramite dieci nuove centrali nucleari, culminando nella costruzione della centrale di Montalto di Castro. Queste sono le informazioni che precedono il referendum per l’abrogazione del nucleare in Italia.
Negli anni ’80, la sicurezza nucleare divenne centrale a seguito dell’incidente di Three Mile Island, portando a ritardi nell’apertura della centrale di Caorso e alla chiusura di quella di Sessa Aurunca. Dopo Černobyl’ (1986), tre referendum in Italia sancirono l’abbandono del nucleare, nonostante non imponessero esplicitamente la chiusura delle centrali. Tra il 1988 e il 1990, i governi italiani chiusero le ultime centrali, sostituendo l’energia nucleare con combustibili fossili e incrementando le importazioni. Dal 1999, la SOGIN gestisce il decommissioning dei siti nucleari, previsto entro il 2025.
Il no al nucleare in Italia tra proposte di altri referendum e dibattito civile
Tra il 2008 e il 2011, il dibattito sul nucleare in Italia si riaccese con la proposta del governo Berlusconi di costruire nuovi reattori, ma l’incidente di Fukushima portò a una moratoria e a un referendum che sancì l’abbandono di quel programma. Nonostante le continue riprese istituzionali, nel 2011 vennero proposte nuove consultazioni referendarie. In Italia, come in altri paesi, il dibattito vede da una parte movimenti anti-nucleare, spesso ambientalisti, e dall’altra sostenitori del nucleare, che puntano al risparmio energetico e all’innovazione.