Milena Vukotic ha significato tanto per il cinema italiano, il suo ruolo di Pina in Fantozzi le è valso un pubblico fedele, un personaggio difficile da scrollare e un prossimo David di Donatello.
Milena Vukotic racconta Paolo Villaggio
In chi ha interpretato una moglie stanca, ma leale per 30 anni, ci si aspetta un ricordo dolce del proprio “marito” e Milena Vukotic lo fa con quella nostalgia che si prova per chi non c’è più. “Di Paolo Villaggio mi manca la sagacia, l’intelligenza. Nell’ultimo periodo era triste, si era trasferito in una casa che non gli piaceva. Avevo promesso di andare a trovarlo ma ero sempre in tournée e quando sono tornata se n’era andato. Ne ho sofferto“.
La sua Pina è un personaggio immortale: sfatta, con i capelli grigio topo, eterna infelice e incapace di amare. Il suo “ti stimo” alla richiesta se amasse il marito, è una delle frasi più iconiche del cinema. Una battuta che Villaggio scrisse con impietoso cinismo, mortificando ancora di più il suo Fantozzi e rendendolo mai amato (tranne dal suo pubblico).
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Nell’immaginario collettivo Pina e Milena erano un tutt’uno, impossibili da dividere. Sarà per questo che in molti ruoli è sempre stata la bruttina, lei che non lo era per niente e che per scrollarsi di dosso questa parvenza decise di scattare delle foto femminili per Angelo Frontoni. Quelle foto poi finirono sulla scrivania di Playboy e vennero pubblicate. Un lavoro di cui oggi se ne pente, ma che al tempo un senso lo ebbero eccome.
Il David di Donatello e quel Nureyev solo per lei
Milena Vukotic, a quasi 89 anni, il 3 maggio avrà il David di Donatello alla carriera. Un riconoscimento meritato non solo per la sua filmografia (che conta quasi 100 film), ma anche per la sua proficua carriera in teatro. Ma in una vita piena come la sua, qual è il suo ricordo più bello? Lo racconta a Repubblica: «A Parigi Nureyev era scappato dalla sua compagnia per non tornare in Russia. Viene a Roma a ballare e con la mia coinquilina sua amica lo andiamo a trovare. “Ceniamo domani?”.
Lo prendiamo con la mia 500 sull’Appia, dopo una cena in cui parlano e bevono tanto, alle due di notte lui non vuole andare in albergo. Lo porto sull’Isola Tiberina, noi sfinite, lui pieno di energia. Raccoglie un giornale, ci fa un cappello, inizia a ballare nella notte, sull’Isola vuota». Anche nei suoi ricordi, c’è qualcosa vissuto in seconda persona. Nessun elogio personale, niente protagonismi. Solo il sentirsi speciale.