Intelligenza artificiale e il concetto di sostenibilità e sostenibile
Negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale (IA) ha rivoluzionato molteplici settori, diventando una componente chiave nella trasformazione digitale globale. Tuttavia, mentre l’IA continua a evolversi e a integrarsi nelle nostre vite quotidiane, emerge un dibattito cruciale: in che modo questa tecnologia può contribuire alla sostenibilità e ai concetti di sviluppo sostenibile?
L’interconnessione tra intelligenza artificiale e sostenibilità non solo solleva interrogativi etici e pratici, ma apre anche nuove opportunità per affrontare le sfide ambientali, economiche e sociali del nostro tempo. Esplorando il ruolo dell’IA nella promozione di pratiche sostenibili, possiamo delineare un futuro in cui tecnologia avanzata e rispetto per l’ambiente coesistano armoniosamente.
La sostenibilità è la capacità di soddisfare i bisogni attuali senza compromettere la possibilità delle future generazioni di soddisfare i propri, equilibrando aspetti economici, ambientali e sociali. Un’innovazione si può definire sostenibile quando riduce l’impatto ambientale, è economicamente fattibile e socialmente equa. Questo significa che deve utilizzare risorse in modo efficiente, minimizzare le emissioni e i rifiuti, promuovere il benessere sociale e contribuire alla crescita economica. La sostenibilità implica quindi un approccio integrato e a lungo termine, che considera le interconnessioni tra diversi sistemi e attori coinvolti.
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Il consumo dell’intelligenza artificiale: dati alla mano
L’analisi sul consumo di acqua, energia e territorio è stata fatta in questi anni con dati alla mano su Google, su Microsoft, sulle operazioni di mining e sulla diffusione e crescita dei bitcoin e altre criptovalute.
Durante un incontro organizzato da ANSA, Maximo Ibarra, CEO di Engineering, ha discusso dell’importanza dell’intelligenza artificiale nella predittività ambientale e nella gestione del territorio. La tecnologia del digital twin, ad esempio, permette di creare avatar digitali per simulare e valutare l’impatto di diverse scelte di gestione. Tuttavia, l’espansione dell’IA non è priva di costi.
Secondo un articolo di Wired USA, la proliferazione degli strumenti di IA generativa richiede enormi quantità di risorse computazionali, portando a un aumento significativo del consumo energetico e idrico. La costruzione e il funzionamento dei data center necessari per supportare queste tecnologie comportano un alto impiego di elettricità e acqua, alimentando preoccupazioni ambientali.
Studi recenti hanno evidenziato che i data center di aziende come Google e Microsoft stanno aumentando il loro fabbisogno energetico, mettendo a dura prova le reti elettriche locali. Inoltre, l’uso intensivo di acqua per il raffreddamento dei server contribuisce all’evaporazione e alla diminuzione delle riserve idriche disponibili. Nonostante i tentativi delle aziende tecnologiche di mitigare questi effetti attraverso l’adozione di fonti energetiche rinnovabili e l’ottimizzazione dei processi, l’impronta ecologica dell’IA rimane una sfida cruciale da affrontare.
Il confronto di consumo dell’intelligenza artificiale con l’attività di mining e proliferazione di Bitcoin e altre criptovalute
Il settore delle criptovalute ha difficoltà a dichiarare i suoi limiti in termini di sostenibilità elettrica e ambientale. Tutto è legato ai data center ma, essendo il mining, un’operazione di calcolo energetico fatto su complessi sistemi matematici praticamente gli esperti dicono che è un gioco che vale la candela. In realtà, l’iperconsumismo arriva pure nel settore delle criptovalute dove dietro comunque lavorano grandi realtà tecnologiche e finanziarie private interessate anche al profitto oltre che alla diffusione di una moneta spendibile infinita e alla portata di tutti. Che cosa dicono alcune analisi, inchieste e raccolte dati?
Nel 2023, la produzione di Bitcoin ha avuto un impatto ambientale significativo: ha consumato circa 173 TWh di elettricità, pari alla metà di quella usata in Italia, e ha richiesto acqua equivalente al fabbisogno di 300 milioni di persone in Africa subsahariana.
Per bilanciare le emissioni di carbonio generate, sarebbero necessari 3,9 miliardi di alberi. Il mining dei Bitcoin, che utilizza un meccanismo ad alta intensità energetica, si basa per il 45% su carbone e per il 21% su gas naturale. Questo processo di certificazione delle transazioni, noto come proof of work, è molto energivoro e, nonostante i tentativi di passare a fonti rinnovabili, il consumo di energia resta elevato. Recenti iniziative mirano a utilizzare energia verde, ma il settore rimane fortemente dipendente dalle fonti fossili, mettendo a rischio il raggiungimento degli Accordi di Parigi sul clima.
Nel 2021, il mining di Bitcoin era già noto per il suo elevato consumo energetico e impatto ambientale, con un consumo di circa 173 TWh di elettricità all’anno, superiore a quello di paesi come la Svezia. Le emissioni di carbonio erano paragonabili a quelle di 190 centrali a gas naturale. La crescente consapevolezza spingeva verso l’adozione di fonti rinnovabili e alternative meno energivore come il “proof of stake”. Nel 2022, il dibattito si intensificava sul confronto tra costi energetici del Bitcoin e delle banconote, mentre iniziative per il mining sostenibile, come l’uso di energia idroelettrica e solare, iniziavano a emergere.